Approvata nel 2013, la norma affrontava lo sviluppo delle infrastrutture verdi urbane e periurbane, il consumo di suolo e gli strumenti di pianificazione urbanistica. Ma è stata in larga parte disattesa. Solo l’8% dei capoluoghi ha un Piano sul verde urbano. La cui quota pro capite, oggi, è appena metà del cerchio di centrocampo di un campo di calcio
Il position paper sul verde urbano dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
(Rinnovabili.it) – In 7 anni, gli italiani hanno guadagnato appena 1,2 metri quadrati di verde urbano a testa. Un aumento del 3,8%. Passando da 31,3 a 32,5 m2 pro capite. Una superficie pari a circa metà del cerchio di centrocampo di un campo da calcio. Basta questo dato per far dire ad ASviS che serve una “svolta profonda” nelle politiche italiane per il verde e la biodiversità. A 10 anni dall’approvazione della legge sul verde urbano, infatti, i risultati della sua applicazione sono ancora estremamente limitati.
In un position paper appena pubblicato, l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile fa il punto sull’ultimo decennio di sviluppo delle politiche per le infrastrutture verdi urbane e periurbane. Un tassello chiave nella tutela della biodiversità, ma anche nel contrasto della crisi climatica.
“Il verde è uno strumento di contrasto alla perdita di biodiversità, di rigenerazione urbana, di resilienza ai cambiamenti climatici, di equità sociale e prevenzione sanitaria. Permette, ad esempio, di mitigare gli effetti delle isole di calore in città, ridurre i rischi causati dalle precipitazioni intense, diminuire l’inquinamento atmosferico e riqualificare le aree urbane”, ricorda ASviS.
Consumo di suolo e strumenti dimenticati
La legge sul verde urbano aveva l’obiettivo di stimolare politiche per l’aumento delle aree verdi, la limitazione del consumo di suolo e una pianificazione urbanistica che protegga il patrimonio naturale. Eppure, non solo il verde urbano è cresciuto pochissimo: da oltre due anni il consumo di suolo non rallenta. “Nel 2022 il ritmo di trasformazione dei terreni agricoli e naturali in aree artificiali è stato di 2,4 metri quadrati al secondo, per un totale di 77 chilometri quadrati in un anno, il 10% in più rispetto al 2021”, sottolinea il position paper.
Le cose non sono migliorate con l’introduzione della Strategia nazionale del verde urbano nel 2018. Indicava i criteri base per guidare le politiche di forestazione urbana e periurbana e suggeriva ai Comuni di definire un Piano comunale del verde urbano. La sua adozione, volontaria, è avvenuta solo nell’8% dei capoluoghi. Non mancano le eccellenze, come Torino e Padova. Ma la fotografia del Belpaese racconta una storia fatta più di ombre che di luci.
Tre proposte per attuare la legge sul verde urbano
Da dove partire per una “svolta” sull’attuazione della legge sul verde urbano? Il position paper sottolinea che “non basta piantare alberi, servono risorse per gestire e curare il patrimonio naturale in maniera sostenibile e per rafforzare una nuova cultura della natura in città”.
Tre le proposte presentate da ASviS. Primo, servono decreti di attuazione della legge. Anche per lanciare una campagna nazionale di educazione e sensibilizzazione rivolta alle scuole e alla cittadinanza. Secondo, bisogna definire modelli di governance multilivello per la pianificazione delle aree verdi urbane ed extraurbane. E rendere obbligatori i Piani comunali del verde urbano, oggi solo volontari. Terzo punto, serve una legge sull’azzeramento del consumo netto di suolo. Che l’Italia, peraltro, dice di voler raggiungere già nel 2030, ma senza darsi gli strumenti per farlo.