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UE, Just Transition Fund: quali regioni accederanno al fondo?

La Commissione Europea stila una "classifica" delle cosiddette aree di transizione, le regioni europee che potranno accedere, con assoluta priorità, al Fondo di transizione equa. Tra queste, anche due territori italiani: Taranto e il Sulcis.

Just Transition Fund
Credits: olegdudko da 123rf.com

Sono 100 i territori europei individuati dall’esecutivo UE che potranno accedere al Just Transition Fund

 

(Rinnovabili.it) – La Commissione Europea ha rivelato questa settimana quali regioni dell’UE sono potenzialmente idonee ad attingere al fondo per il clima da 7,5 miliardi di euro, destinato alle spese per la decarbonizzazione dell’industria pesante e dei combustibili fossili. Secondo le indicazioni dell’esecutivo europeo, tutti i 27 Stati membri avranno accesso al Just Transition Fund nell’ambito del prossimo budget a lungo termine, ma solo alcune regioni sono sulla buona strada per attingere alle risorse finanziarie.

 

Dalla valutazione della Commissione, sono 100 i territori dell’Unione che soddisfano i criteri di accesso al fondo, basati sulla diffusione di posti di lavoro ad alta intensità di emissioni di carbonio, sull’attività industriale dipendente dall’uso di combustibili fossili e sul PIL pro capite. A fronte di ciò, i singoli governi nazionali dovranno elaborare dei Piani di giusta transizione per accedere al fondo e, a tal fine, l’esecutivo europeo ha stilato delle raccomandazioni per la valutazione economica che dovrebbero servire da indicatori.

 

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Tra gli Stati membri, la Germania è la prima in termini di numero assoluto di regioni che possono essere classificate come “aree di transizione”, con 18 territori per lo più raggruppati nella parte orientale dello stato. Al paese è stato assegnato un potenziale di finanziamento per un valore totale di 877 milioni di euro. Secondo il rapporto economico della Commissione, circa 18.000 posti di lavoro direttamente dipendenti dalla produzione di carbone di lignite sono a rischio a causa delle politiche climatiche, e altri 10.000 sono quelli indirettamente dipendenti dal combustibile fossile ma ugualmente in pericolo.

 

Nel rapporto, infatti, si sottolinea che “l’eliminazione graduale del carbone porterà a crescenti sfide causate dalla disoccupazione nelle aree geografiche interessate. Al fine di affrontare queste sfide di transizione, sono state identificate le esigenze di investimento per utilizzare il potenziale di crescita delle aziende esistenti nelle aree”. A questo proposito, la Commissione fornisce dei suggerimenti di spesa che includono, tra le altre cose, la definizione di priorità per le piccole e medie imprese (PMI), gli investimenti in fonti energetiche pulite e la riqualificazione dei lavoratori.

 

In Polonia, altro importante “stato carbonifero”, sono state identificate 9 regioni e l’audit della Commissione avverte che 78.000 posti di lavoro nella sola area di estrazione del carbone della Slesia rischiano di saltare. Si tratta di una cifra che corrisponde alla metà del totale dei minatori di carbone dell’intera Europa. “Allontanarsi dall’estrazione del carbone richiederebbe ulteriori sforzi in termini di diversificazione economica, riassestamento e potenziamento delle competenze, contrasto allo spopolamento e alla rivitalizzazione”, aggiunge il rapporto.

 

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Tuttavia, è nell’interesse della Commissione Europea che il fondo non venga solo impiegato per il phase-out dell’industria del carbone, ma interessi anche quella dell’acciaio e dei prodotti chimici, oltre che il settore dei trasporti. A questo proposito, Taranto è una delle due regioni italiane (insieme al Sulcis Iglesiente) menzionate nel rapporto dell’esecutivo UE. Nel caso pugliese, sono in gioco circa 20.000 posti di lavoro, così come la salute pubblica, fortemente compromessa dal pericoloso inquinamento del sito. Il rapporto afferma che i potenziali 364 milioni di euro dell’Italia dovrebbero essere finalizzati all’aumento dell’efficienza energetica e allo sfruttamento delle energie rinnovabili negli impianti industriali, nonché alla decontaminazione e riqualificazione dei terreni.

 

I leader dell’UE, però, devono ancora trovare un accordo sul bilancio a lungo termine, soprattutto adesso che i colloqui sono falliti  in occasione di un vertice a Bruxelles della scorsa settimana. Il Just Transition Fund non è esente dalla discussione. Secondo il testo negoziale diffuso dalla Commissione in occasione dell’incontro con gli Stati membri, l’esecutivo dell’UE aveva proposto di aumentare i 7,5 miliardi di euro a 7,8 miliardi di euro. Tuttavia, il testo è stato respinto, ritenendo l’aumento poco sostanziale.