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Come cambia la politica sul clima degli Stati Uniti con John Kerry?

L’ex segretario di Stato seguirà tutti i dossier internazionali dove gioca un ruolo il clima. Che Biden eleva a potenziale minaccia alla sicurezza nazionale

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Credits: U.S. Embassy Kiyv Ukraine | CC BY-ND 2.0

John Kerry nominato inviato presidenziale per il clima

(Rinnovabili.it) – Da ieri l’azione climatica degli Stati Uniti ha una marcia in più. La diplomazia americana abbraccia appieno la sfida del cambiamento climatico, se non altro come leva da usare appieno nelle relazioni internazionali. Al pari di temi come le regole del commercio globale, la guerra al terrorismo e la promozione di forme di governo democratiche. Il presidente eletto Biden ha ricreato la posizione di inviato presidenziale per il clima. E l’ha affidata a John Kerry, già architetto della firma degli Stati Uniti all’accordo di Parigi sul clima e segretario di Stato – cioè il ministro degli Esteri – sotto Obama.

Cosa farà John Kerry come inviato per il clima?

Quali saranno i compiti di Kerry? Si occuperà del contrasto al cambiamento climatico e di tutto ciò che riguarda la politica sul clima degli Stati Uniti nelle relazioni con gli altri paesi. A livello interno, invece, dovrebbe essere fatto un altro nome a breve. La scelta di un diplomatico di rango come Kerry in questo senso parla molto chiaro. L’idea della nuova amministrazione è senz’altro recuperare il tempo perduto da Trump e tornare a sedere al tavolo dei grandi anche quando si parla di clima. Puntando anche sull’esperienza internazionale: Kerry ha rappresentato gli Usa a Rio ’92, a Kyoto nel ’97 e a Copenhagen nel 2009.

Ma la sua nomina si può leggere anche su un altro livello. Kerry infatti avrà un posto nel Consiglio di sicurezza nazionale. In pratica parlerà da pari a pari con gli altri alti funzionari che si occupano di politica di difesa, di esteri, di energia e di sicurezza interna. Cosa significa? Significa che d’ora in poi il clima entrerà di diritto tra i temi che il presidente americano considererà ogniqualvolta deve prendere le decisioni strategiche più importanti per il paese.

“L’America avrà presto un governo che tratta la crisi climatica come l’urgente minaccia alla sicurezza nazionale che è”, ha twittato Kerry nella giornata di ieri. Ma molti osservatori leggono la mossa più attraverso il prisma della politica estera. In particolare dei rapporti con la Cina. Pechino sta ballando un valzer con Bruxelles, anche grazie al clima. Tema su cui il presidente cinese Xi Jinping si è spinto molto in là, promettendo la neutralità climatica al 2060. Con una mossa che, per la prima volta, è assomigliata a un adeguarsi a standard internazionali – non un passo consueto per la Cina. Mentre con Washington è rimasta la guerra dei dazi e in generale un peggioramento netto dei rapporti. Biden e Kerry sanno che se vogliono poter competere appieno con il colosso asiatico non possono permettersi di non usare una leva diplomatica così forte e di portata così ampia come la politica climatica.

Chloé Farand nota su Climate Home che Kerry ha un rapporto particolare proprio con la Cina. E’ stato lui a stringere con Pechino un accordo bilaterale di riduzione delle emissioni nel 2014, che ha poi spianato la strada al patto globale siglato a Parigi. E Kerry dà del tu a molti nel governo cinese, continua Farand. Per Nathaniel Keohane, vicepresidente senior dell’Environmental Defense Fund, si tratta di “un segnale estremamente importante” con cui Biden mette “il cambiamento climatico in primo piano e al centro in termini di come ci impegniamo con il mondo”.

La scelta di Kerry potrebbe anche servire a Biden per evitare spaccature all’interno del partito democratico (almeno sul clima). L’ex segretario di Stato infatti ha co-presieduto la task force della campagna elettorale di Biden sul clima insieme alla deputata Alexandria Ocasio-Cortez. Serviva per trovare una sintesi tra le posizioni conservatrici di Biden e quelle più radicali di Ocasio-Cortez e di un altro big del partito, Bernie Sanders.