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ONG: investire nell’energia nucleare non aiuterà il clima

La crisi climatica ha bisogno di soluzioni rapide. Ecco perché, secondo 12 associazioni ambientaliste, investire nell'energia nucleare non può essere la risposta

investire nell'energia nucleare
Image by Markus Distelrath from Pixabay

Investire nell’energia nucleare non aiuterà la decarbonizzazione europea

(Rinnovabili.it) – Gli investimenti in nuove centrali nucleari rappresentano un danno per il clima a causa dei costi elevati e dei lunghi tempi di costruzione. Questa la conclusione a cui erano arrivati Luke Haywood, Marion Leroutier, Robert Pietzcker nell’articolo pubblicato a luglio sulla rivista scientifica Joule. Una disamina economica che non boccia la tecnologia in quanto tale, ma piuttosto evidenza le falle di quel pensiero che ne fa oggi un risolutore climatico.

Le conclusione dell’articolo sono state riprese da un gruppo di ONG ambientaliste che in occasione della due giorni dell’European Nuclear Energy Forum, ha messo sul piatto tutte le difficoltà della nuova “spinta atomica”. L’Ufficio europeo dell’ambiente EEB e altre 11 realtà provenienti da Francia, Svezia, Slovacchia, Bulgaria, Danimarca e Ungheria hanno firmato una dichiarazione congiunta per chiedere all’UE e ai suoi Stati membri di dare priorità all’energia rinnovabile, alle reti e allo stoccaggio a basso costo all’interno delle politiche climatiche.

Il ruolo dell’energia nucleare

Un fatto è certo: ancora prima della crisi dell’energia del 2022, l’Europa si era spaccata in due sull’idea di investire sull’energia nucleare come strumento per raggiungere la neutralità climatica. Con lo scoppio della guerra russa in Ucraina e la nuova ricerca di indipendenza energetica, il sentimento pubblico pro-atomo si è andato rafforzando, complice una generale confusione sul funzionamento del mercato elettrico. Eppure proprio la crisi dell’energia ha dimostrato quanto le centrali nucleari facciano fatica a mantenere le promesse con le attuali regole di mercato. E che per svolgere un ruolo di primo piano nelle politiche climatiche europee abbiano bisogno di sussidi e facilitazioni. Ed è proprio la richiesta di un maggior sostegno in virtù del percorso di decarbonizzazione, il tema su cui sta facendo pressione il comparto, assieme ad alcuni Paesi UE.

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I problemi su cui riflettere

Ma investire nell’energia nucleare è effettivamente la scelta vincente per contrastare la crisi climatica? Per rispondere alla domanda le  organizzazioni ambientaliste hanno stilato una serie di punti sui cui è opportuno riflettere.

  1. Ritardi prolungati: gli ultimi impianti nucleari costruiti in Europa hanno subito ritardi di oltre un decennio. Un esempio su tutti: Hinkley Point C di EDF, il primo nuovo impianto nucleare del Regno Unito in oltre 20 anni. La data di fine lavoro era prevista nel 2023 con un costo di 18 miliardi, ma secondo quanto rivelato dalla stessa EDF l’ultimazione dell’opera non avverrà prima di giugno 2027. Con una spesa salita  a 26 miliardi di sterline “Non possiamo rischiare tali ritardi nel nostro percorso verso la riduzione delle emissioni di combustibili fossili”, scrivono le ONG. 
  2. Crescita di costi e perdite: le centrali nucleari hanno dovuto affrontare enormi sovraccosti e l’esempio sopracitato ne rappresenta solo una delle cause. “L’industria – spiegano le associazioni – cerca di trasferire questi costi elevati sui contribuenti e sulle famiglie attraverso sussidi statali e dell’UE“. Ma anche i vincoli normativi e i piani politici hanno un ruolo. Basti guardare al gigante francese dell’energia Edf, messo in ginocchio dalle ingenti perdite subite a causa del tetto ai prezzi energetici. Questo e la chiusura temporanea (solo in parte programmata) di 12 reattori ha portato nel 2022 con un deficit netto di 17,94 miliardi. Costringendo il Governo a nazionalizzare l’azienda.
  3. Interessi geostrategici:L’energia nucleare è spinta da potenti lobby e interessi geostrategici”, sottolineano le firmatarie. “L’energia nucleare di diversi stati dell’UE fa affidamento sull’azienda russa di proprietà statale Rosatom, che importa uranio da paesi [politicamente] instabili al di fuori dell’UE”.
  4. Transizione decentralizzata: gli studi scientifici hanno ribadito più volte che per decarbonizzare rapidamente il sistema energetico è necessario scegliere tecnologie economiche, facili da implementare su larga scala, e distribuite. Investire nell’energia nucleare contraddice la visione di un sistema energetico decentralizzato che coinvolga i cittadini.
  5. Impatto ambientale: secondo il rapporto IPCC pubblicato nel marzo 2023, l’energia nucleare è una delle due opzioni di mitigazione meno efficaci (pagina 28 del report). “È un’opzione inefficiente – aggiungono le ONG – che comporta gravi rischi di contaminazione durante l’uso e per le generazioni future a causa dei rifiuti tossici perenni”.

E se per molti la risposta è nei piccoli reattori modulari (SMR), le associazioni ambientaliste ci tengono a ricordare che si tratta ancora di una tecnologia immatura. “Anche i progetti più semplici utilizzati oggi nei sottomarini non saranno disponibili su larga scala fino alla fine del prossimo decennio“.

 La conclusione sembra essere la medesima esposta da Haywood e colleghi “Con un tempo sufficiente, potrebbe essere possibile costruire energia nucleare secondo i più alti standard di sicurezza e rimanere economica anche tenendo conto dei costi di stoccaggio dei rifiuti nucleari per migliaia di anni. Tuttavia, la costruzione di centrali nucleari richiede molti anni di pianificazione e costruzione, ed è costosa, mentre la crisi climatica richiede urgenza e investimenti così ingenti che l’efficienza dei costi è di fondamentale importanza. Fare affidamento sulle nuove costruzioni nucleari per raggiungere gli obiettivi climatici dell’UE è praticamente impossibile“.