Il report di BloombergNEF dedicato agli investimenti nella transizione energetica del 2020
(Rinnovabili.it) – Di fronte alla crisi, le tecnologie pulite vantano una maggiore resilienza. Lo hanno dimostrato le fonti rinnovabili europee durante i primi mesi di lockdown 2020, lo ribadiscono oggi i dati globali degli investimenti nella transizione energetica. Mentre il comparto fossile era impegnato a combattere le sue battaglie (crollo del prezzo petrolifero in primis), la decarbonizzazione avanza ancora. Ovviamente non senza problemi. Ma il quadro complessivo permette di celebrare un ulteriore anno da record. A riportarne il successo è oggi BloombergNEF (BNEF) attraverso una nuova analisi dedicata agli investimenti nella transizione energetica. Il documento mostra come, nel 2020, gli asset a basse emissioni abbiano raccolto ben 501,3 miliardi di dollari globalmente. E come gran parte degli investimenti arrivi dall’Europa, forte dei suoi piani di green recovery.
Una pietra miliare secondo gli analisti di BNEF, che non smettono tuttavia di ricordare quanto il risultato sia ancora lontano dagli obiettivi climatici. “La produzione di energia pulita e il trasporto elettrico stanno ricevendo ampi flussi di denaro”, spiega Albert Cheung. “Ma è necessario aumentare ulteriormente la spesa man mano che i costi diminuiscono. Tecnologie come il calore elettrico, la CCS e l’idrogeno attraggono solo una frazione degli investimenti di cui avranno bisogno per aiutare a tenere sotto controllo le emissioni”. Cosa significa questo nella pratica? Che dai 500 miliardi di dollari, dovremmo passare ad alcune migliaia di miliardi l’anno.
Investimenti nelle tecnologie di decarbonizzazione, dove finiscono i soldi?
L’analisi di BNEF mostra come aziende, governi e famiglie abbiano investito complessivamente 303,5 miliardi di dollari in nuova capacità di rinnovabile. Il dato rappresenta un aumento del 2% rispetto al 2019, trainato dalla crescita fotovoltaica e dell’eolico in mare. Al comparto dell’e-mobility (mezzi di trasporto e infrastrutture associate) vanno invece 139 miliardi di dollari; pari ad un più 28% di spesa annuale. Anche altri segmenti della transizione energetica si sono fatti notare. Le pompe di calore domestiche, ad esempio, hanno raccolto 50,8 miliardi (+12%).
L’accumulo stazionario, invece, si è assestato sui livelli 2019, raccogliendo 3,6 miliardi di investimenti. Cresce l’appeal per le tecnologie di cattura della CO2, la cui spesa globale è triplicata nel 2020 salendo a quota 3 miliardi. Più deludente l’idrogeno: le varie strategie presentate dei Paesi UE non hanno ancora sortito effetto, e gli investimenti mondali sono scesi del 20%. Tuttavia l’1,5 miliardi di dollari riversati nel settore H2, costituiscono una delle più alte cifre investite sino ad oggi.
“La pandemia di coronavirus ha frenato i progressi su alcuni progetti”, ha commentato Jon Moore, amministratore delegato di BNEF. “Tuttavia gli investimenti complessivi nell’eolico e nel solare sono stati robusti; e le vendite di veicoli elettrici sono aumentate più del previsto. L’ambizione politica sta chiaramente aumentando. Circa il 54% delle emissioni del 2016 sono ora risultano oggi coperte da qualche forma di impegno “zero netto”, rispetto al 34% all’inizio dello scorso anno. Questo dovrebbe stimolare un aumento degli investimenti nei prossimi anni”.
Una suddivisione geografica dei dati sugli investimenti nella transizione energetica mostra che l’Europa rappresenta la fetta più grande. Ben 166,2 miliardi (+ 67%) sborsati che superno la spesa della Cina (134,8 miliardi, -12%) e degli Stati Uniti (85,3 miliardi, -11%).