Rinnovabili

L’Italia deve accelerare gli investimenti nella decarbonizzazione: le priorità secondo l’E&S del PoliMi

Investimenti nella decarbonizzazione: 127 mld nel 2023 in Italia
via depositphotos.com

L’Italia sta accelerando sugli investimenti nella decarbonizzazione, ma il ritmo non è ancora quello giusto per centrare gli obiettivi al 2030. L’anno scorso gli investimenti sono arrivati a 127 miliardi di euro, il 26% di tutti gli investimenti nazionali. Troppo poco, se si guardano i dati sulla riduzione di emissioni conseguita. Dal 2005, il calo annuo è stato di circa 12 milioni di tonnellate di CO2 equivalente (MtCO2eq). Ma per raggiungere i target del decennio bisogna quasi raddoppiare la sforbiciata annuale, arrivando a 21 MtCO2eq. Come? Focalizzandosi nei settori rimasti più indietro, ancora oggi maggiormente responsabili delle emissioni in Italia: i trasporti (28%), la produzione di energia e calore (20%) e i consumi residenziali e commerciali (16%).

Sono i principali risultati della Zero Carbon Policy Agenda, il rapporto pubblicato il 22 ottobre dall’Energy & Strategy della School of Management del Politecnico di Milano che fa il punto della situazione sugli investimenti nella decarbonizzazione in Italia e sui gap più urgenti da colmare.

I numeri degli investimenti nella decarbonizzazione in Italia nel 2023

L’andamento delle emissioni di gas serra in Italia è positivo sul lungo termine. Il Belpaese le sta riducendo più della media europea, in proporzione. Anche se la crescita del pil nazionale è inferiore alla media.

Con uno sguardo più di dettaglio, il rapporto evidenzia i settori prioritari su cui agire. Soprattutto trasporti e consumi residenziali e commerciali. Oltre a rappresentare una quota significativa dei gas serra nazionali (insieme pesano per il 44%), sono anche quelli che dovranno tagliare più emissioni da qui al 2030 in valori assoluti. I trasporti devono scendere di 61 MtCO2, cioè del 57%, mentre i consumi (soprattutto termici) residenziali e commerciali di 30 MtCO2eq, un calo del 49%.

Dove sono diretti, oggi, gli investimenti nella decarbonizzazione? L’efficienza energetica arriva al 70% del totale con circa 90 mld specialmente grazie al Superbonus. L’economia circolare sfiora il 15% cioè poco meno di 20 mld. Seguono poi rinnovabili (7,8%, 10 miliardi, con 5,7 nuovi GW installati nel 2023), mobilità sostenibile (3,7%, 4,7 mld), infrastruttura di rete (2,5%, 3,1 mld). Chiudono in coda comunità energetiche e cattura e stoccaggio della CO2 con lo 0,4% (circa 100 mln) ma, per entrambe, l’inizio del 2024 ha già segnato un cambio di passo con il decreto di incentivi per le CER e l’entrata in funzione del progetto di Eni Ravenna CCS.

investimenti nella decarbonizzazione in italia 2023
Crediti: PoliMi

Cosa sta frenando gli investimenti?

Il volume di investimenti non è basso. “Si tratta di numeri importanti – conferma Vittorio Chiesa, direttore di E&S – che testimoniano la rilevanza della decarbonizzazione in Italia anche in termini industriali e occupazionali e che devono spingere a fare di più e meglio, proprio per non rendere vano lo sforzo profuso finora”. Come cambiare passo? Secondo il rapporto del PoliMi, bisogna far leva sul grande “potenziale inespresso” sia in ambito pubblico che privato.

Sul versante pubblico, i riflettori vanno puntati sul PNRR. L’Italia ha ottenuto oltre 194 miliardi di euro, più di ogni altro Stato europeo, ma ha destinato alle misure climatiche poco più del minimo previsto dall’Europa. Appena il 41%. Francia e Germania stanno sul 47-50%. Anche sul capitolo RePowerEU la situazione non cambia. L’Italia ha ricevuto il maggior valore in termini di fondi, ma ha dedicato soltanto il 68% del nuovo capitolo ad azioni che hanno obiettivi climatici. La media europea è dell’85%. Il Belpaese sta davanti solo a Polonia, Svezia e Croazia.

Lato riforme, il percorso tracciato dal PNRR è quasi ultimato. “Ma sarà necessario attendere perché possa produrre effetti concreti”, rimarca Chiesa. Male invece l’attuazione dei progetti. L’avanzamento degli investimenti mostra un “cospicuo ritardo” e negli ultimi mesi è stato stagnante. Nel terzo trimestre del 2024 lo stato di avanzamento si è assestato al 36%, contro il 64% che rappresentava il target del PNRR.

avanzamento pnrr
crediti: PoliMi

Criteri ESG, luci e ombre

Sul versante privato, il quadro mescola alcune criticità ai molti elementi decisamente positivi. Finanza sostenibile e mondo ESG stanno spingendo gli investimenti sempre più verso ambiti e soluzioni favorevoli alla decarbonizzazione. “Gli indicatori ESG hanno spinto le imprese a decarbonizzare, nonostante la valutazione delle performance sia frammentata e manchi di una standardizzazione universale”, spiega Davide Chiaroni, vicedirettore di E&S e curatore dello studio.

Ma restano criticità legate alla taglia dell’impresa: più è piccola, minore è l’attenzione per le tematiche green. Lo rivela uno sguardo all’indicatore di intensità emissiva. Le prime 40 aziende italiane quotate in borsa mostrano ottimi risultati, passando da 0,62 migliaia di tonnellate di CO2 per milione di euro di valore aggiunto nel 2018 a 0,39 nel 2022. Se, però, si guardano le maggiori imprese per fatturato, ma non quotate in borsa, 7 su 10 non adottano nemmeno una valutazione ESG. E l’intensità emissiva cala molto meno (nel 2022, 0,77 kton CO2/mln euro).

C’è quindi un ampio potenziale di decarbonizzazione proprio tra le imprese di taglia minore, suggerisce il PoliMi. Ma su questo fronte si stagliano all’orizzonte altre criticità. Le PMI italiane tendono a essere in ritardo sul nuovo assetto regolatorio europeo in materia ESG. E ci sono molti dubbi sulla loro capacità di rispettare scadenze e termini. L’Italia ha da poco recepito la direttiva CSRD, che riguarderà presto 4.150 aziende nazionali con nuovi obblighi. Non solo: dal 2027 altre 740 grandi aziende dovranno adeguarsi alla direttiva CSDDD.

Exit mobile version