L’associazione del cigno verde denuncia una transizione sbilanciata e con le fossili troppo al centro. Dall’insediamento del governo Meloni sono 19 i progetti già approvati
La mappa “Italia fossile” curata da Legambiente
(Rinnovabili.it) – Quando il governo Meloni parla di sicurezza energetica intende soprattutto nuove infrastrutture fossili in Italia. Mentre lo sviluppo delle rinnovabili continua a registrare i problemi di sempre, l’esecutivo punta deciso su centrali a gas fossile, metanodotti, depositi, nuove trivellazioni e rigassificatori.
Lo stato delle infrastrutture fossili in Italia
È l’accusa lanciata da Legambiente con l’aggiornamento della mappa “Italia fossile”. Dal 2020 sono state approvate o sono ancora in valutazione al MASE, il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, 170 progetti di infrastrutture fossili in Italia e istanze per ricerca, coltivazione e stoccaggio di idrocarburi. Di questo totale, 50 progetti sono stati presentati all’inizio del 2022 e 19 sono già stati approvati dopo il 26 settembre di quell’anno, quando si è insediato il governo Meloni.
Dal piano Mattei per l’Africa all’idea di rendere il Belpaese l’hub energetico di riferimento per il Mediterraneo (e l’Europa), passando per la riesumazione di molti progetti di rigassificatori e il potenziamento della dorsale del gas per aumentare la capacità di export di gas verso il continente, l’attuale governo ha interpretato la crisi scatenata dall’aumento dei prezzi dell’energia e dalla guerra in Ucraina soprattutto come un’opportunità per rilanciare il ruolo delle fossili.
La mappa di Legambiente parla chiaro. Sono 13 i progetti tra nuovi rigassificatori, potenziamenti e ammodernamenti di quelli esistenti. Sono 5 i depositi di GNL, i quali congiuntamente ai rigassificatori aumenterebbero la capacità di stoccaggio di GNL di circa 800 mila metri cubi di gas. Di questi cinque, due sono già stati approvati. Ed è in programma la realizzazione di circa 2.400 km di nuovi metanodotti, di cui 1.000 km in sostituzione di tubazioni in dismissione e circa 1400 km in aggiunta alla rete già esistente.
Le priorità per la transizione secondo Legambiente
Per Legambiente queste scelte si traducono in “un quadro preoccupante” di fronte al quale serve “un deciso cambio di rotta”. Le priorità? Primo, l’approvazione del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, il PNACC. Di cui il governo Meloni ha pubblicato la bozza a fine 2022 e aperto la fase di consultazione pubblica. Ma presto del piano si sono perse le tracce. Seconda priorità: una transizione ecologica “fatta velocemente e bene che punti su rinnovabili, efficienza energetica, sviluppo di reti e accumuli, realizzazione di impianti industriali innovativi e sostenibili”.
“La crisi climatica – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – sta accelerando il passo, mentre tardano ad arrivare gli interventi. Sono passati cinque governi ed ancora non è stato approvato il piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, per non parlare ad esempio dei tanti stalli e delle lungaggini burocratiche che frenano ad oggi la realizzazione degli impianti a fonti rinnovabili. Nel frattempo, il Governo, in continuità con quello precedente, sta dando un’accelerata alla realizzazione dei rigassificatori a Piombino e Ravenna con procedure autorizzative semplificate ridotte a sei mesi, quando un impianto eolico impiega mediamente sei anni”.