Presentato a Bruxelles un secondo non paper dopo quello per la revisione delle regole per il settore dell’automotive. Questa volta l’Italia – insieme a Polonia, Bulgaria e Austria – chiede di cambiare il meccanismo del CBAM, la tassa sul carbonio alla frontiera che andrà a regime dal 2026
Garantire la “competitività dell’industria europea” e “tutelare il lavoro”, imboccando la strada di una decarbonizzazione “sostenibile dal punto di vista produttivo”. Sono le stelle polari del non paper su industrie energivore e siderurgia presentato dall’Italia a Bruxelles venerdì 27 dicembre.
Il documento è appoggiato anche da Polonia, Bulgaria e Austria e punta alla revisione del funzionamento del CBAM, la tassa sul carbonio alla frontiera introdotta dall’UE a ottobre 2023 come parte del Green Deal e del pacchetto legislativo Fit for 55.
CBAM: cos’è, come funziona, possibili effetti negativi
Il Meccanismo di Adeguamento del Carbonio alle Frontiere (CBAM, Carbon Border Adjustment Mechanism) è uno strumento introdotto dall’Unione Europea per tassare le importazioni di beni provenienti da paesi extra-UE con regolamentazioni climatiche meno rigorose.
La tassazione si basa sulla quantità di CO2 emessa o incorporata nella produzione dei beni importati. Gli obiettivi del CBAM sono:
- ridurre il rischio di “carbon leakage” (spostamento delle emissioni verso paesi con norme meno stringenti),
- proteggere l’industria europea dalla concorrenza sleale, incentivando l’uso di tecnologie a basse emissioni,
- incentivare la transizione globale verso pratiche più sostenibili, in particolare pratiche produttive sostenibili nei settori ad alta intensità di carbonio (acciaio, cemento, alluminio, …).
In vigore in fase transitoria dal 1° ottobre 2023, il CBAM entrerà a regime nel 2026.
In questo periodo di adeguamento, industrie energivore, partiti politici e paesi extra-UE hanno segnalato possibili criticità nel funzionamento del CBAM. Tra le principali si evidenziano:
- Impatto sui paesi in via di sviluppo:
- Maggiori costi per i partner commerciali vulnerabili, con riduzione delle esportazioni verso l’UE.
- Effetti negativi su salari e occupazione in economie meno avanzate (ad es., questa preoccupazione è stata sollevata dal Mozambico).
- Effetti distorsivi sui partner commerciali principali:
- Riduzione delle importazioni da paesi come Cina e India, con rischio di dispute presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio. Pechino è in prima linea nell’additare il CBAM come misura non coerente con le regole del commercio internazionale.
- Spazio commerciale riempito da paesi più ricchi, aumentando il divario Nord-Sud.
- Criticità di equità:
- Mancanza di utilizzo strutturato dei proventi del CBAM per sostenere la transizione ecologica nei paesi in via di sviluppo.
- Adattamento disomogeneo:
- Difficoltà per paesi con risorse amministrative e finanziarie limitate ad adeguarsi alle nuove regole.
- Complessità amministrativa:
- Necessità per gli importatori di compilare dichiarazioni dettagliate e gestire certificati CBAM.
- Disallineamento con strumenti simili:
- Mancata armonizzazione con meccanismi analoghi di altri paesi, come il CBAM del Regno Unito.
Cosa dice il non paper dell’Italia per proteggere le industrie energivore
Il non paper presentato dall’Italia cerca di replicare l’approccio usato nel documento analogo preparato per il settore dell’auto. L’obiettivo è identico: spingere la Commissione UE ad anticipare la revisione di un altro regolamento cardine del Green Deal, nell’ottica di allentarne le caratteristiche verdi per favorire la competitività delle industrie europee.
Nello specifico, il non paper sul CBAM chiede di anticipare al 2025 le clausole di revisione già previste, al fine di migliorare la tassa sul carbonio alla frontiera prima della sua entrata in vigore a regime nel 2026.
Sono 5 i punti principali della revisione proposta:
- Semplificazione amministrativa: ridurre gli oneri burocratici per le imprese europee.
- Contrasto al carbon leakage: rafforzare le misure per prevenire lo spostamento delle produzioni in paesi con normative meno rigorose.
- Esclusione delle emissioni indirette: evitare che l’inclusione delle emissioni indirette aumenti i costi dell’elettricità decarbonizzata rispetto a quella da combustibili fossili.
- Tutela degli esportatori UE: introdurre meccanismi che garantiscano condizioni di parità sui mercati esteri privi di sistemi di tassazione delle emissioni paragonabili all’ETS europeo.
- Rinvio del phase out ETS: considerare il posticipo dell’eliminazione graduale delle quote gratuite di emissione per le industrie energivore, prevista dal 2026.
“La revisione proposta dal governo si inserisce, infatti, nella strategia nazionale per tutelare e rilanciare lo sviluppo dei quattro poli siderurgici del territorio: Taranto, Terni, Piombino e Acciaierie del Nord”, si legge in una nota del Ministero delle Imprese e del Made in Italy. “L’Italia oggi rappresenta un caso virtuoso in Europa, realizzando l’85% della produzione nazionale di acciaio con elettroforni, impiegando rottami riciclati rispetto a una media europea ben al di sotto del 50%”.