Rinnovabili

L’industria del carbone al tramonto ignora 1 milione di lavoratori

Industria del carbone: 500mila posti di lavoro a rischio entro il 2035
Foto di Pedro Henrique Santos su Unsplash

L’analisi di GEM su 4.300 miniere attive o proposte

(Rinnovabili.it) – Il declino inesorabile dell’industria del carbone costerà il posto di lavoro a 100 persone al giorno da qui al 2035. Nel 2050 il numero di chi sarà lasciato a casa arriverà a 1 milione. Ma anche di fronte a questa prospettiva, i piani per garantire una transizione equa e dignitosa ai lavoratori latitano.

I numeri li ha messi in colonna Global Energy Monitor analizzando data di chiusura presunta, durata di vita massima e volumi produttivi stimati di 4.300 miniere di carbone già in funzione o proposte in tutto il mondo. Nel complesso, i siti passati al vaglio producono il 90% del combustibile fossile commercializzato oggi.

I numeri dell’industria del carbone globale

Nel complesso i lavoratori dell’industria del carbone potenzialmente interessati dalla transizione energetica sono 2,7 milioni. Di questi, quelli destinati a perdere il lavoro per la chiusura delle miniere sono 500.000 già entro il 2035. Entro questo decennio i posti di lavoro “a scadenza” sono circa 170.000.

A pagare il prezzo più alto di una mancata transizione giusta saranno Cina e India, che insieme valgono 2,2 milioni di lavoratori nell’industria del carbone, oltre l’80% del totale mondiale. La Cina ha più di 1,5 milioni di minatori di carbone che producono oltre l’85% del suo carbone, che rappresenta la metà della produzione mondiale. Le province settentrionali dello Shanxi, dell’Henan e della Mongolia Interna estraggono oltre un quarto del carbone mondiale e impiegano il 32% della forza lavoro mineraria globale, ovvero circa 870.400 persone.

Ma dall’analisi di GEM emerge che la maggior parte dei siti che chiuderanno nei prossimi 20 anni – anche quelli di proprietà statale – non ha alcun piano di transizione per i lavoratori. “L’industria del carbone ha una lunga lista di miniere che chiuderanno nel breve termine, molte delle quali sono imprese statali con una partecipazione statale. I governi devono assumersi la loro parte di oneri per garantire una transizione gestita per quei lavoratori e quelle comunità mentre ci muoviamo verso un’economia basata sull’energia pulita”, rimarca Tiffany Means di GEM.

Exit mobile version