Il governo francese deve fare di più per centrare gli obiettivi di riduzione delle emissioni al 2030. Le politiche attuali non bastano. Entro marzo 2022 deve correggere la rotta. È il contenuto della sentenza del Consiglio di Stato, che torna a occuparsi dell’ambizione climatica d’oltralpe
Condanna dal Consiglio di Stato per inazione climatica
(Rinnovabili.it) – La Francia non fa abbastanza per rispettare l’accordo di Parigi ed è venuto il momento di mettersi in regola. Il governo ha 9 mesi di tempo per correggere la rotta e approvare delle misure che consentano di raggiungere davvero gli obiettivi nazionali sul clima, cioè la riduzione delle emissioni del 40% sui livelli del 1990. È la sentenza senza precedenti con cui il Consiglio di Stato condanna la Francia per inazione climatica.
È il terzo schiaffo in meno di un anno che l’organo giudiziario rifila al governo transalpino. A novembre 2020 la corte era intervenuta dando 3 mesi di tempo all’esecutivo per dimostrare l’efficacia delle politiche già in campo. Lo scorso febbraio la corte ha poi riconosciuto che esiste un legame tra danno ecologico e inazione climatica di Parigi, ma non ha calcato la mano. Nessuna misura riparatoria vincolante, solo un ammonimento.
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Oggi il Consiglio di Stato ha deciso di estrarre il cartellino rosso. “Il Consiglio di Stato incarica quindi il governo di adottare misure aggiuntive entro il 31 marzo 2022, per centrare l’obiettivo” sul clima, si legge nella decisione della corte, che ordina “al presidente del Consiglio di adottare tutte le misure utili che consentano di piegare la curva delle emissioni di gas serra”.
In effetti, il tasso con cui le emissioni francesi sono calate tra il 2015 e il 2018 è appena la metà di quello necessario per centrare l’obiettivo di riduzione di gas serra al 2030. Il primo ministro Castex ha preso nota della sentenza e si è difeso parlando delle iniziative che il governo ha messo in campo in queste settimane, ma non ha promesso nessun aumento dell’ambizione climatica del paese.
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La sentenza scaturisce da una causa avviata dal comune di Grande-Synthe, nel nord della Francia. La cittadina sorge su un lembo di terra strappata al mare e rischia di finire sommersa a causa dell’aumento del livello degli oceani causato dal riscaldamento globale.