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A tutto greenwashing: il ‘grande inganno’ delle compagnie fossili

Greenwashing: gli sforzi delle compagnie fossili nel dossier di Client Earth
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Il dossier di Client Earth analizza il greenwashing delle Big Oil nella cornice della transizione energetica

(Rinnovabili.it) – Sui pacchetti di sigarette per legge c’è la scritta ‘Il fumo uccide’. Avvertimenti simili dovrebbero accompagnare ogni campagna pubblicitaria delle compagnie fossili. E’ il suggerimento di Client Earth per contrastare un’ondata di greenwashing che aumenta man mano che la transizione energetica entra nel vivo.

“Attualmente stiamo assistendo a un grande inganno, in cui le aziende più responsabili del riscaldamento catastrofico del pianeta stanno spendendo milioni in campagne pubblicitarie su come i loro piani aziendali sono incentrati sulla sostenibilità”, spiega al Guardian Johnny White, uno degli avvocati di ClientEarth.

L’ong rileva in un nuovo dossier che l’urgenza di contenere il riscaldamento globale non è mai stata alta come oggi, ma le compagnie fossili incanalano più sforzi in campagne pubblicitarie per ripulire la propria immagine che in azioni concrete. Alcuni studi calcolano che “ci sono piani per produrre il 120% in più di combustibili fossili entro il 2030 di quanto sia compatibile con il rimanere al di sotto” della soglia degli 1,5°C pattuita con l’accordo di Parigi. “Non possiamo semplicemente bruciare tutte le scorte mondiali di carbone, petrolio e gas e speriamo di evitare il disastro climatico. Le aziende che stanno ancora promuovendo nuove esplorazioni e progetti di combustibili fossili non possono giustificare il definirsi “sostenibili” e non possono affermare di cambiare in linea con gli obiettivi della società ai sensi dell’accordo di Parigi”, si legge nel dossier di Client Earth.

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Il problema sottolineato dall’ong è la consistente discrepanza tra la realtà dei fatti e come le compagnie fossili presentano le loro azioni. “Alcune aziende stanno facendo di più per coltivare energia a basse emissioni di carbonio rispetto ad altre. Ma il marketing aziendale raramente riflette il quadro completo della loro strategia aziendale e dei loro investimenti”. Il rapporto analizza le strategie messe in campo da alcuni big tra cui Aramco, Chevron, Equinor, Exxon, RWE, Shell, Total. Sempre di più, il greenwashing passa tramite i social media. E si appoggia a influencer che promuovono, pagati, la sostenibilità di queste aziende.

Si tratta però in larga parte di puro greenwashing, con l’obiettivo di inculcare l’impressione che le Big Oil siano in prima linea nella transizione energetica verso economie low-carbon. “Potrebbe sembrare che non ci sia nulla di sbagliato nel fatto che le aziende evidenzino progetti “verdi”. Ma questi annunci sono un problema in cui creano un’impressione fuorviante della loro attività complessiva e dei suoi danni ambientali. E il pericolo è che questo ostacoli gli sforzi del mondo per allontanarsi dai combustibili fossili”, scrive ancora Client Earth.

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Nel dossier si trovano alcuni esempi significativi di queste pratiche di greenwashing. La Shell, ad esempio, sostiene di investire in biocarburanti e idrogeno a basse emissioni di carbonio, ricarica di veicoli elettrici, energia solare ed eolica. Ma la fotografia reale degli investimenti è impietosa: 2-3 mld di dollari nel 2020 per questi settori a fronte di 17 mld di dollari in combustibili fossili. Chevron dice di essere “parte della soluzione al cambiamento climatico”, ma non ha nemmeno un piano per la neutralità climatica. Exxon spinge i suoi studi sui biocarburanti dalle alghe come opzione per decarbonizzare i trasporti in futuro, ma intanto i suoi obiettivi di tagli delle emissioni al 2025 lasciano fuori la maggior parte dei suoi prodotti.

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