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Il futuro del Green Deal, secondo Timmermans

Green Deal: Timmermans spiega il futuro della transizione ecologica europea
credits: European Parliament via Flickr | CC BY 2.0

A luglio in arrivo un pacchetto di 12 misure chiave del Green Deal europeo

(Rinnovabili.it) – La riforma dell’ETS sarà la chiave di volta del pacchetto di misure sul clima che la Commissione europea presenterà all’inizio di luglio. Per accelerare sulle rinnovabili bisogna velocizzare il permitting e aumentare i volumi di investimenti. Ok alla biomassa, ma con dei criteri chiari. Più i paesi alzano l’ambizione climatica, meno l’Europa vede la necessità di introdurre una carbon border tax. Sono i punti principali toccati dal vice presidente della Commissione con delega al clima, Frans Timmermans, in un’intervista esclusiva rilasciata a Euractiv. Una panoramica a 360 gradi sul Green Deal e su dove sta andando l’Europa.

Il pacchetto di misure sul clima

Fra poco più di un mese e mezzo Timmermans presenterà 12 nuovi provvedimenti che toccano i punti principali della politica climatica ed energetica dell’Unione. La scelta di condensarli è maturata negli ultimi mesi e ha una ragione molto semplice, spiega il vice di Ursula von der Leyen: evitare stalli e un braccio di ferro infinito con i Ventisette. “In sostanza diremo agli Stati membri: “Avete tutti acconsentito al -55%. Ciò ha delle conseguenze ed è così che vediamo un pacchetto equilibrato in tutti questi settori. Ora sta a voi, nel dialogo con i co-legislatori, vedere se questo equilibrio è qualcosa con cui potete convivere o se dovremmo modificarlo qui, cambiarlo lì””.

Tutti dovranno cedere qualcosa su qualche punto, insomma. Al centro del pacchetto sta la riforma dell’ETS. Per tanti motivi. Il primo è perché si dovrà allargare, ancora non è chiaro con che formula, per includere anche trasporti su strada e edilizia. Poi per la questione delle quote gratuite – uno dei nodi che negli anni scorsi ha contribuito a tenere i prezzi troppo bassi e a non rendere il mercato dei crediti di carbonio un meccanismo efficiente. E infine perché mettere un prezzo interno al carbonio si lega con l’altro, grande tema in agenda a Bruxelles: introdurre o meno la carbon border tax.

Il nodo carbon border tax

La tassazione sulle merci d’importazione che provengono da paesi con politiche climatiche meno ambiziose di quelle europee è molto controversa. La Cina la vede come fumo negli occhi e gli Stati Uniti hanno iniziato da poco a prendere le misure (pensando di copiare la mossa europea). Timmermans è ottimista sul rapporto con Washington e non vede problemi insormontabili all’orizzonte. La carbon border tax non peserà sul commercio tra le due sponde dell’Atlantico perché oggi l’America è ambiziosa sul serio, in fatto di clima, argomenta.

Quanto a tutti gli altri paesi che vedono di mal’occhio l’iniziativa di Bruxelles, spiega: “ci siamo tutti impegnati per l’accordo di Parigi. Sappiamo cosa significa in termini di decarbonizzazione dell’economia globale. Ora, non ci interessa come i paesi abbiano scelto di farlo, ma più sono ambiziosi nella decarbonizzazione, minore è la necessità di aggiustamenti poiché c’è meno rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio”.

Come raddoppiare le rinnovabili in 10 anni

Gli obiettivi UE sulle rinnovabili richiedono pressappoco di raddoppiare la capacità installata nell’arco di 10 anni per raggiungere gli obiettivi di taglio delle emissioni fissati con la nuova legge sul clima. Come raggiungere questo obiettivo? Per Timmermans, due i punti principali: investire nelle reti e accelerare i permessi. “Dobbiamo investire massicciamente nelle reti”, spiega. “Il settore privato vorrà farlo perché è molto redditizio, ma il settore pubblico dovrà creare le giuste condizioni – con i crediti, ma anche cambiando il modo in cui lo permettiamo. Ci vuole troppo tempo e ci sono troppe condizioni. Dobbiamo accelerarlo”.

Un balzo che richiede necessariamente l’uso di biomasse, sottolinea Timmermans. “Senza biomassa, non ce la faremo. Abbiamo bisogno della biomassa nel mix, ma abbiamo bisogno della giusta biomassa nel mix. Odio le immagini di intere foreste che vengono abbattute per essere messe in un inceneritore. Penso che sia insostenibile e indifendibile”. Serve quindi una definizione e delle regole stringenti e chiare, in modo da evitare scappatoie.

L’impatto sociale del Green Deal

“In un periodo di così fondamentale trasformazione della nostra società, il Green Deal e la transizione verso una società sostenibile sono la più grande questione sociale che la politica dovrà affrontare per due generazioni”. Timmermans tocca un altro dei punti critici: come far viaggiare in parallelo la giustizia sociale e la transizione ecologica. Essenziale è partire subito con un occhio di riguardo per le ricadute sociali delle riforme, anche per il modo in cui queste saranno percepite: “se non affrontiamo questa questione sociale all’inizio, faremo deragliare l’intero processo. La transizione non avverrà. Anche se il disastro si profila con un aumento della temperatura di 2, 3 o 4 ° C, le persone rifiuterebbero comunque la transizione se credessero che sia ingiusta”.

Qui si aprono dei margini di manovra per gli Stati. Non c’è una strada univoca per raggiungere gli obiettivi climatici, sottolinea Timmermans, ed è chiaro che a seconda del percorso ci si deve aspettare degli impatti su segmenti diversi della società e dell’economia. Qui gli Stati devono dire la loro, fermo restando che all’obiettivo finale bisogna arrivare tutti. “Se alcuni Stati membri non vogliono un’estensione ETS, dovrebbero dire dove si aspettano che si verifichino quei tagli aggiuntivi delle emissioni. Preferiscono esercitare maggiori pressioni sull’industria? O ottenere quelle riduzioni delle emissioni da qualche altra parte? Vogliono introdurre la tassazione? Tutte queste domande e i loro effetti sociali dovrebbero essere considerati”.

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