Il reef rischiava di essere declassato tra i siti Unesco considerati in pericolo, fatto che avrebbe danneggiato l'Australia nel turismo e nell'immagine. E che avrebbe aperto la porta alla richiesta di più impegno sul clima al governo di Canberra
La Norvegia impone di ridiscutere l’anno prossimo lo status della Grande Barriera Corallina
(Rinnovabili.it) – L’Australia si salva in extremis. Il governo di Canberra è riuscito a evitare per un soffio che la Grande Barriera Corallina venisse declassata nel ranking dell’Unesco. Venerdì scorso si è tenuto il vertice del World Heritage Committee, dove lo status della meraviglia naturale era al primo posto dell’agenda.
I 20 delegati dovevano stabilire se classificare la Grande Barriera Corallina come sito Unesco in pericolo oppure se lasciarlo nella lista di siti considerati integri. Si tratta di una decisione che viene rivalutata con cadenza non regolare, bensì su proposta di alcuni dei membri del comitato. L’ultima volta che la barriera era finita sotto la lente era nel lontano 2014.
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Da allora, si sono verificati almeno tre grandi eventi di sbiancamento dei coralli di portata molto ampia, che hanno fatto morire interi settori della grande barriera corallina. Il coral bleaching ha interessato tutta la barriera benché con intensità diverse a seconda dei quadranti. Insieme all’ accelerazione del cambiamento climatico, questi avvenimenti hanno indotto gli scienziati dell’Unesco richiedere una nuova valutazione.
A fine giugno, un rapporto Unesco aveva raccomandato per la prima volta di bollare la Grande barriera corallina come sito in pericolo (suggerimento prontamente raccolto dalla Cina, presidente di turno del comitato e impegnata in una guerra commerciale con l’Australia). Da anni l’Australia combatteva per evitare il declassamento, che avrebbe certificato la sua mancata azione contro il cambiamento climatico. Oltre al danno per il settore del turismo, e d’immagine, Canberra temeva che questa classificazione possa diventare il grimaldello per imporre al governo misure climatiche più forti di quelle – blande, se non inesistenti – prese fino ad ora.
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“Delegati, chiediamo solo due cose: tempo per gli esperti di vedere di prima mano il nostro impegno per la barriera corallina, le sue condizioni attuali e la nostra gestione, e per la politica climatica finale per fornire un quadro coerente per affrontare gli impatti del cambiamento climatico su tutto il patrimonio” dell’UNESCO, ha dichiarato la delegata australiana prima della votazione.
Al termine della quale la grande barriera corallina è stata “salvata”. Ma ancora per poco: la Norvegia ha fatto approvare un emendamento che riporta in discussione lo status del reef già al prossimo incontro annuale, con la possibilità di declassamento nel 2023. A favore dell’Australia hanno votato Saint Kitts e Nevis, Etiopia, Ungheria, Mali, Nigeria, Arabia Saudita, Oman, Bosnia Herzegovina, Russia e Spagna.