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Giornata dell’Amazzonia 2022: evitare il punto di non ritorno

Nell’ultimo rapporto dell’IPCC, l’Amazzonia è indicata come uno degli ecosistemi a rischio a causa del probabile raggiungimento di tipping point. Mentre quest’anno si avvia a segnare nuovi record di deforestazione, la foresta pluviale è già un contributore netto di CO2 con 1 Gt l’anno

Foresta amazzonica: ufficiale, ormai è un emettitore netto di CO2
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Il 5 settembre ricorre l’Amazon Day

(Rinnovabili.it) – Senza politiche serie di tutela della più grande foresta pluviale tropicale del pianeta, l’Amazzonia rischia di raggiungere presto il punto critico oltre il quale inizia la trasformazione in savana secca. Quanto presto? Finora la deforestazione ha distrutto il 17% della copertura forestale, il tipping point secondo diversi studi può arrivare quando tra il 20 e il 25% di superficie sarà disboscata. Un dato al centro delle celebrazioni della Giornata dell’Amazzonia 2022 (Amazon Day), che ricorre come ogni anno il 5 settembre.

La Giornata dell’Amazzonia è commemorata soprattutto in Brasile. La data è stata stabilita nel 1850 per celebrare la creazione della Provincia di Amazonas, che in seguito ha dato origine all’attuale Stato di Amazonas. In tempi più recenti, questa giornata ha iniziato a essere celebrata a livello mondiale per aumentare la consapevolezza sullo stato di degrado della foresta tropicale e le conseguenze a livello globale.

Deforestazione in aumento

Quest’anno la congiuntura in cui cade la Giornata dell’Amazzonia 2022 è particolare. Tra poche settimane il Brasile – lo stato su cui si estende la maggior parte della foresta pluviale – andrà alle urne per scegliere il nuovo presidente. Sotto l’uscente Jair Bolsonaro, le motoseghe sono tornate a lavorare a pieno ritmo, invertendo la curva della deforestazione nel paese.

Così, nel 2022 l’Amazzonia si avvia verso un record storico. I valori dei primi 7 mesi del 2022 hanno raggiunto un nuovo record con 5.474 km2 di copertura forestale svanita, di cui quasi 1.500 km2 solo a luglio. Un aumento del 7,3% rispetto all’anno prima. Anche secondo l’ong brasiliana Imazon i dati della stagione 2022 (che va da agosto 2021 a luglio), con 10.781 km2 scomparsi, segnalano un peggioramento della deforestazione rispetto all’anno scorso. Solo del 3%, ma va considerato che il 2021 fu l’anno peggiore dal 2006.

Perché celebrare la Giornata Mondiale dell’Amazzonia 2022

A richiamare l’attenzione sullo stato di salute dell’Amazzonia, di recente, è stato anche l’IPCC. Il Panel intergovernativo dell’Onu sui cambiamenti climatici, nell’ultimo aggiornamento dello stato dell’arte della scienza climatica (AR6 WG1) pubblicato ad agosto 2021, ha riconosciuto che un collasso rapido dell’Amazzonia – con il passaggio irreversibile a prateria di ampie aree della superficie originaria – resta poco probabile. Ma sul peggioramento della condizione dell’Amazzonia pesa molto un collo di bottiglia: i modelli di cui disponiamo non permettono di verificare al meglio le possibili risposte sistemiche del clima in questa ipotesi. Il rapporto riconosce comunque che esiste un vasto consenso scientifico (solo teorico, però) su importanti conseguenze sul ciclo regionale dell’acqua. Un anno fa, lo IUCN, la più grande organizzazione conservazionista al mondo, ha ufficialmente chiesto agli stati di proteggere almeno l’80% della foresta entro il 2025: solo una misura di questa portata può tutelare in modo adeguato una tra le regioni più biodiverse del pianeta.

La superficie disboscata non è l’unico indicatore da guardare. Un lavoro pubblicato lo scorso marzo stima, per la prima volta, il grado di resilienza dei diversi settori della foresta pluviale. E trova che il 76% delle celle analizzate ci mette molto più tempo a riprendersi dopo ondate di calore o altri eventi climatici estremi. La gran parte di queste celle si trova in prossimità di aree toccate dalla deforestazione o di strade e altre infrastrutture antropiche. Intanto, un altro studio scientifico ha calcolato che l’Amazzonia produce 1 miliardo di tonnellate di CO2 l’anno. In altri termini, il degrado è già arrivato a un punto tale da trasformare quello che era il “polmone verde del pianeta” in un contributore netto di gas serra.