Spiega il Senatore pentastellato: “Auspichiamo che la maggioranza converga nel liberalizzare il settore del mercato elettrico riconoscendo la possibilità agli impianti che producono energia rinnovabile di cedere l'energia a più consumatori”
(Rinnovabili.it) – Il governo ha chiuso in questi giorni la consultazione pubblica sulla proposta di SEN 2030, il documento che definirà le scelte energetiche nazionali per il futuro prossimo. Nonostante i nuovi obiettivi, la strategia sembra allontanarsi da quell’impegno promesso con la ratifica dell’accordo di Parigi e dalle ambizioni verdi che molti grandi Paesi stanno oggi portando avanti. Quanto è davvero allineata l’Italia con la reale lotta climatica e quanto sta facendo per prepararsi alle sfide energetico-ambientali che l’attendono? Lo abbiamo chiesto al Senatore Gianni Girotto (M5S), membro della 10ª Commissione permanente (Industria, commercio, turismo).
Senatore Girotto, quali sono, a suo giudizio, le leggi in campo energetico che il Parlamento dovrebbe approvare o modificare prima della fine della legislatura?
Dall’inizio della legislatura abbiamo proposto norme sostenute da operatori del settore dei consumatori, delle industrie e del mondo ambientalista che sono applicate in Europa e disapplicata in Italia. Auspichiamo che la maggioranza converga nel liberalizzare il settore del mercato elettrico, riconoscendo la possibilità agli impianti che producono energia rinnovabile di cedere l’energia a più consumatori e di partecipare ai servizi del mercato. Sarebbe interessante anche rendere stabile l’ecobonus per gli interventi di efficientamento energetico degli edifici oggi riconosciuto non a tutti gli interventi.
La consultazione sulla Strategia Energetica Nazionale si è appena chiusa e ha fatto registrare oltre mille commenti. Lei cosa ne pensa? Dove funziona, dove è migliorabile e dove andrebbe bocciata?
Lo strumento di partecipazione è interessante, nulla da dire. Obiettiamo però sui tempi. Essendo a fine legislatura non credo che la SEN riesca a incidere nelle decisioni del Governo. Nel merito crediamo sia spinta troppo sul gas e poco ambiziosa verso la decarbonizzazione del sistema energetico che secondo il nostro programma sarà completamente alimentato da fonti rinnovabili entro il 2050.
Parliamo di mobilità. In Regione Lazio è stato da poco presentato un progetto europeo sulla mobilità ad idrogeno che coinvolgerà la nostra capitale. Qual è la sua valutazione sulla maturità di questa tecnologia, alla luce del fatto che lei ha dato il suo appoggio al progetto?
Il progetto che ho avuto modo di conoscere dalle prime fasi è molto interessante, viepiù anche per il fatto di aver ricevuto un significativo finanziamento dalla UE che sarebbe stato un peccato sprecare. Inoltre dimostra la presenza in Italia di esperienze eccellenti che sanno realizzare modelli innovativi utili all’ambiente, alla salute e che stimoleranno l’economia. Molto probabilmente l’idrogeno è una delle tecnologie che possono dare un contributo importante per raggiungere l’obiettivo di decarbonizzazione al 2050, compito del legislatore è essere tecnologicamente neutro ma rimuovere gli ostacoli ingiustificati.
Ritiene che l’idrogeno possa diventare un vettore importante anche per l’Italia? E perché?
Ci sono esperienze in Trentino che mostrano come l’idrogeno sia applicabile negli usi della mobilità. Ripeto molto probabilmente avrà un ruolo importante e noi abbiamo appunto un approccio tecnologicamente neutro, che però si completa con l’avversione netta e inderogabile alle fonti inquinanti.
Il Tavolo Tecnico sulla mobilità sostenibile istituito dal Governo nel 2016 ha presentato, lo scorso maggio, l’attesa Roadmap. È quello che mancava all’Italia per dare una mossa all’e-mobility o c’è ancora della strada da fare?
La Roadmap e un primo piccolo passo in avanti ma è del tutto insufficiente. E’ necessario l’intervento della politica per dare il giusto spazio. Se solo guardassimo a quello che stanno facendo la Cina e gli altri Stati comprenderemmo bene cosa si muoverà nei prossimi anni. L’Italia in questo settore è il fanalino di coda. Dovremmo tentare di evitare la perdita di questo treno. Sicuramente il M5S al Governo adotterebbe misure per sostenere il settore. Pensiamo ad incentivi ma non solo. Servono politiche che rimuovano gli ostacoli e premino l’impiego quotidiano della e-mobility, del trasporto leggero e di quello pubblico.
Quasi tutti i grandi Paesi europei si sono dati una scadenza dopo la quale non verranno più vendute auto a benzina e diesel. Perché l’Italia non si è ancora pronunciata? E quali obiettivi dovrebbe darsi a suo giudizio?
Il M5S ha presentato una mozione in cui si chiede al Governo di vietare, entro il 2030, la commercializzazione di autoveicoli con motori alimentati a diesel e benzina di origine fossile. L’Italia e questa maggioranza è stretta da interessi particolari che ruotano fondamentalmente intorno ad ENI ed FCA. Entrambe al di là dei proclami non hanno ancora la giusta attenzione per la transizione.
Qual è la sua posizione sul fotovoltaico cinese e le forti rimostranze delle economie occidentali ad abbassare i dazi?
Ritengo che l’argomento riguardi i prodotti in generale. E’ opportuno che tutti i prodotti che si acquistano abbiamo certificazioni sulla produzione che garantiscano il rispetto di standard ambientali, di lavoro, etc. globali. Credo sia giusto che, per i prodotti che non rispettino tali standard, vi siano dazi che ne scoraggino l’acquisto.
Adesso mi tolga una curiosità: perché, a suo giudizio, non si hanno ancora notizie concrete sul deposito nazionale delle scorie radioattive? Ritiene fondate le paure della Sardegna che lo stoccaggio sia costruito sull’isola?
E’ un problema tecnico che attualmente non è stato risolto in nessun luogo nel mondo. Non solo in Italia. Da noi è affidato alla gestione di poche persone e senza trasparenza. Pensiamo solo all’istituzione dell’autorità nazionale di controllo ISIN di cui, da anni, siamo ancora in attesa. Poi c’è un problema politico. Siamo sempre in campagna elettorale. Sulla Sardegna si è pronunciato Galletti dicendo che non è coinvolta. Bisognerebbe sapere se i sardi si fidano di Galletti.
Infine, se il M5S riuscisse alle prossime elezioni ad andare al Governo sosterrebbe, a suo giudizio, politiche ambientali e se si con quali priorità?
Da sempre sono state le nostre stelle. Si partirebbe dalle proposte presentate in questa legislatura. Stabilizzazione dell’ecobonus, liberalizzazione della produzione di energia, accesso delle fonti rinnovabili ai servizi del mercato elettrico, Carbon tax, mobilità sostenibile…l’elenco è lungo. Con l’adozione delle politiche ambientali si rimuovono anche molte delle cause che alimentano problemi sanitari diffusi e dei terribili problemi conseguenza dei cambiamenti climatici generati dalla filiera fossile. Pensiamo solo a quanti danni per il dissesto idrogeologico e tanto altro. Ricordo che investire in politiche ambientali non solo farà bene alla salute e all’ambiente ma anche all’economia e ai posti di lavoro. Lo hanno capito i tedeschi, ma non solo, che con la decarbonizzazione hanno creato milioni di posti di lavoro. Noi abbiamo gli studi delle varie categorie professionali coinvolte che, sommati, ci indicano 1,5 milioni di posti di lavoro generabili.