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Geert Vos: le risposte della Daikin alla sfida energetica

Le condizioni sono sfidanti e le tecnologie mature. Cosa manca all’Italia? Una visione energetica a lungo termine, sviluppare le rinnovabili e alleggerire la burocrazia

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di Mauro Spagnolo

(Rinnovabili.it) – Abbiamo incontrato l’AD di Daikin Italia nell’ambito di un originale tour che l’azienda sta svolgendo in molte città italiane. Ci accoglie Andrea Grassi, direttore Marketing dell’azienda: ”Dopo anni di comunicazione attraverso spazi fieristici quest’anno abbiamo deciso di innovare l’approccio organizzando un grande Roadshow attraverso 12 città italiane per avere un’interazione di qualità con i nostri interlocutori: progettisti, installatori, grossisti. E’ inoltre l’occasione in cui presentare alla stampa novità, strategia e obiettivi di Daikin”. In effetti questa esposizione itinerante, organizzata in sei isole tematiche, apre agli ospiti, in modo efficace il mondo della tecnologia Daikin attraverso video e una bella mostra di macchine da osservare dal vero e toccare. Se volessimo semplificare, per trovare una linea di congiunzione tra tutte le tecnologie che abbiamo conosciuto, potremo riassumere che l’innovazione Daikin si basa su tre principali drivers: l’efficienza nei consumi, l’aumento delle prestazioni, la centralità dei sistemi per rispondere contemporaneamente a tutte le esigenze termiche indoor. E insieme con questo, l’azienda ha impresso una forte accelerazione su tutto lo spettro del digitale a servizio del business.

Ed ecco Geert Vos, un sorridente manager di origini belghe, dal giugno 2021 amministratore delegato della Daikin Italia.

Dott. Vos Stiamo attraversando un momento drammatico che coinvolge direttamente anche il comparto energetico mondiale. Come sta reagendo Daikin Italia a questa situazione e in quali termini è impegnata nel percorso della transizione energetica? 

In Italia abbiamo attualmente due grandi sfide, sfide che per fortuna si dirigono nella stessa direzione: la crisi energetica dovuta agli eventi bellici e l’obiettivo del governo nazionale di ridurre le emissioni del 55% al 2030. 

Ritengo che in un Paese con le caratteristiche dell’Italia, oggi particolarmente dipendente dal gas, si debbano perseguire contemporaneamente tre obiettivi: incentivare di più lo sviluppo delle energie rinnovabili – nel Paese del sole e del vento è impensabile che ci sia la metà della produzione rinnovabile rispetto alla Germania – due: l’impatto pesantissimo della burocrazia – su 100 progetti per istallazioni di impianti da fonte rinnovabile 90 non vengono autorizzati – e il terzo: l’elettrificazione per il riscaldamento degli edifici. Bruciare combustibile in casa per produrre energia termica è, come ripeto spesso, un approccio dell’era della pietra. In tal senso Daikin è molto fiera in quanto più di dieci anni fa ha lanciato sul mercato una nuova generazione di pompe di calore. A quel tempo tutti ridevano di noi e non capivano la necessità di quella scelta. Negli anni abbiamo invece sviluppato questo nuovo mercato, condiviso poi da tutti, e abbiamo calcolato che solo in Italia abbiamo fatto risparmiare con le nostre pompe di calore più di un milione di tonnellate di CO2. Forse non tutti sanno che si tratta di una delle scelte sostenibili più efficienti: se si cambia un’auto diesel con una elettrica si risparmia circa una tonnellata di CO2 all’anno, se si sostituisce una caldaia a gas con una pompa di calore si risparmia invece circa 2,5 tonnellate di CO2 all’anno… 

E la politica, come potrebbe fare la sua parte?

In un solo modo: l’Italia deve avere una visione energetica più a lungo termine. 

Ad esempio, rispetto all’Ecobonus 110% sono state cambiate le regole 14 volte in due anni. E’ difficile per un’azienda o per gli investitori seguire questi repentini cambi di rotta. E poi, in Italia, esiste un rischio molto grande.

Di cosa si tratta?

Una situazione anomala: esistono attualmente 23 milioni di caldaie domestiche a gas che coinvolgono 10.000 lavoratori. Se non esiste una linea di continuità, ed ogni tre mesi cambiano le regole, accade che quasi tutte le aziende non producono in loco, ma comprano pompe di calore fuori, quasi sempre in Cina. E’ difficile accettare il rischio della produzione senza una visione duratura perché non esistono garanzie per gli investitori. Il nostro caso è diverso: la Daikin produce in Europa il 95% di quanto vende in tutto il continente. Esistono 15 fabbriche in Europa di cui 5 in Italia, e in quest’ultime lavorano più di 2000 persone. Noi saremmo pronti ad investire ancor di più, ma abbiamo assoluto bisogno di una visione più a lungo termine e non di regole che cambiano continuamente.

E allora?

Allora l’Italia deve scegliere, o perdere 10.000 posti di lavoro o creare condizioni sane per investimenti importanti. La nostra azienda è pronta ad investire, l’abbiamo dimostrato anche nella fabbrica vicino Roma dove lavoravano, quando circa quindici anni fa l’abbiamo acquistata, 300 persone, e adesso sono 900. Ma occorrono le garanzie di un sistema certo. 

Le pompe di calore di cui parla sono aria/aria o aria/acqua?

Entrambe le soluzioni sono possibili. Chiaramente in Italia, rispetto alle sue condizioni climatiche, risulta più conveniente la soluzione aria/aria, in quanto i costi di installazione sono più contenuti.  Con climi più rigidi si scelgono più facilmente pompe di calore aria/acqua. 

Ho letto che esiste una nuova generazione di sistemi ad espansione diretta. Cosa significa?

Si tratta di sistemi centralizzati che producono freddo, caldo ed acqua sanitaria. Riteniamo che sia una soluzione ideale per gli appartamenti installando un unico sistema per ogni necessità termica. 

Torniamo al mercato italiano. Se ho ben capito secondo lei presenta grandi opportunità, ma condizioni difficili…

Infatti. La transizione energetica, che a livello domestico si traduce principalmente in un passaggio dalle caldaie a gas alle pompe di calore, è un processo già avviato ed inarrestabile. Con un assetto legislativo più stabile potrebbe diventare, oltre che un vantaggio ambientale, un’opportunità economica e sociale colossale. 

Più precisamente il mercato in Italia potrebbe crescere di dieci volte. Se vogliamo cambiare 23 milioni di caldaie in 10 anni, dobbiamo sostituirne 2/3 milioni all’anno. Attualmente se ne sostituiscono circa 230.000 all’anno.

E come tutelarsi dal problema delle importazioni da paesi soggetti a instabilità geopolitica?

Se una cosa ci sta insegnando la guerra in Ucraina è l’assoluta necessità di non dipendere da fenomeni geopolitici per asset strategici come quello energetico. Allo stesso modo, se questo Paese non si doterà in fretta di una stabilità normativa, dipenderemo sempre di più dalla produzione di altri paesi, come la Cina. Ditemi voi se anche questo non è un grande rischio per la nostra economia.

Quanto è importante investire nell’innovazione tecnologica per vincere la sfida della transizione energetica?

E’ basilare. La Daikin per le nuove tecnologie di pompe di calore ha investito in ricerca più del 6% del fatturato nell’ultimo anno. In Belgio stiamo, ad esempio, realizzando nuovi laboratori per sviluppare ulteriormente le tecnologie di pompe di calore. 

Credo che rispondere con tecnologie efficienti alla sfida climatica sia la strada maestra per ottenere risultati tangibili.  E noi crediamo molto in questo.