Il progetto del gasdotto Galsi era sotto naftalina dal 2013
(Rinnovabili.it) – La conferenza stampa di Giorgia Meloni ad Algeri, ieri pomeriggio, ha fatto fischiare le orecchie a qualcuno a Piombino (e non solo). Il “nuovo gasdotto per l’idrogeno” citato dalla premier non è altro che il vecchio gasdotto Galsi, metto sotto naftalina ormai dal 2013. Anche se mai ufficialmente cancellato. Nella città toscana non volevano il rigassificatore, ora il sindaco (di FdI) rischia di trovarsi tra i piedi pure una nuova pipeline.
A volte ritornano
La visita in Algeria è finita con due accordi energetici (sui 5 complessivi) siglati da Eni e Sonatrach, la compagnia nazionale algerina degli idrocarburi. Uno riguarda gli sforzi per ridurre le emissioni di gas serra (inclusa la cattura e lo stoccaggio della CO2) e metano in particolare. L’altro mira a “giungere ad un incremento delle esportazioni di energia dall’Algeria all’Italia e potenzialmente all’Ue, studiando anche la realizzazione di un nuovo gasdotto per l’idrogeno”. Meloni è stata laconica. il comunicato di Eni lo è ancora di più. L’azienda di San Donato Milanese e Sonatrach “condurranno studi per individuare possibili misure di miglioramento della capacità di export di energia dall’Algeria verso l’Europa”.
Di cosa si tratta? Del Galsi. A pronunciare il nome è il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune durante la conferenza stampa congiunta di ieri. “Per quanto riguarda la realizzazione e i tempi di questo gasdotto dipenderà dai tecnici. Ci sarà una condotta speciale, diversa, non come quelle esistenti perché riguarderà gas, idrogeno, ammoniaca e anche elettricità”, ha dichiarato Tebboune. “Si tratta di un progetto importante che farà l’Italia un distributore di queste energie per tutta l’Europa”, ha aggiunto.
Cosa trasporterà il gasdotto Galsi?
Il gasdotto Galsi è un condotto sottomarino di 832 km che avrebbe dovuto collegare il porto algerino di Koudiet Draouche, nel nord-est del Paese, a quello di Porto Botte, nella Sardegna sud-occidentale. Da lì tagliare in diagonale tutta l’isola, rituffarsi in mare, dribblare l’arcipelago toscano e approdare a Piombino.
Il progetto iniziale, nei primi anni 2000, ovviamente non parlava di nessun “gasdotto per l’idrogeno” ma di gasdotto e basta. Sarebbe servito a rafforzare la partnership energetica con l’Algeria tramite il gas fossile. Poi Roma ha preferito strizzare l’occhio al Cremlino ed è andata com’è andata. Dalle dichiarazioni di ieri, sembra che l’idea sia di rivedere i piani per realizzare una condotta H2-ready. Ma la domanda su cosa trasporterà resta lecita.
Perché la produzione di idrogeno in Algeria è all’anno zero. E nonostante gli annunci e anche le intese siglate finora, alcune delle quali riguardano proprio la collaborazione bilaterale sull’asse Roma-Algeri per sviluppare un’economia dell’idrogeno, l’output di H2 e i piani per espanderlo sono davvero minimi. Prima che siano portati a livelli tali da poterli esportare -non solo in Italia ma in Europa- è più che probabile che trasporterebbe solo gas fossile per anni e anni.
Anche perché i costi resterebbero un problema a lungo: ad oggi, l’H2 verde prodotto in Algeria costa 11 volte più del gas fossile per unità termica, e dal conto mancano ancora tutta la parte di trasmissione e distribuzione inclusi eventuali leak per strada.
In realtà di esportare idrogeno (rinnovabile e non) in Europa dall’Algeria passando per l’Italia se ne è parlato già nei mesi scorsi. Un mese fa, a fine dicembre, la tedesca VNG ha firmato un accordo con Sonatrach per realizzare studi di fattibilità sulla produzione e l’export di H2 verso la Germania, passando dal Belpaese. Si parlava però di usare pipeline esistenti. E i primi studi in materia risalgono al 2007-2008. Il viaggio ad Algeri della premier ha cambiato le carte in tavola. In nome del rendere l’Italia hub energetico del Mediterraneo. Inondandola di gas.