Durante la visita del presidente cinese a Mosca, i russi hanno cercato di accelerare il dossier della mega-pipeline. Ma Pechino è rimasta fredda. Il nuovo gasdotto darebbe un aiuto cruciale a Putin per trovare un acquirente per il gas che non vende più all’Europa
Il gasdotto Forza della Siberia 2 potrebbe portare 50 bcm di gas da Yamal allo Xinjiang
(Rinnovabili.it) – L’amicizia “senza limiti” tra Vladimir Putin e Xi Jinping scricchiola sul gas. Durante la recente visita del presidente cinese a Mosca – la prima all’estero dall’inizio del suo terzo mandato – si è parlato soprattutto di guerra in Ucraina, ma anche di approfondire le relazioni economiche tra i due paesi. Un dossier era sotto i riflettori: il nuovo gasdotto Russia-Cina, il Power of Siberia 2 (gasdotto Forza della Siberia 2). Ma a giudicare da come Mosca e Pechino hanno riportato i contenuti delle discussioni tra i due leader, per ora c’è ben poco accordo su questa mega infrastruttura energetica.
Cos’è il gasdotto Forza della Siberia 2?
Russia e Cina sono già collegate da una pipeline. Il Power of Siberia è entrato in funzione nel 2019 ed è coperto da un contratto da 400 miliardi di dollari per 30 anni. Al momento trasporta circa 22 miliardi di metri cubi di gas (bcm) l’anno e dovrà arrivare a capacità nel 2027 con 38 bcm.
Il gasdotto Forza della Siberia 2 è una pipeline attualmente ancora in fase di studio che dovrebbe aumentare significativamente le forniture di gas russo a Pechino. Il tracciato provvisorio taglia la Mongolia e raggiunge il territorio cinese nello Xinjiang dopo una corsa di 2.600 km. Il punto di partenza è la penisola russa di Yamal, dove si trova la maggior parte dei giacimenti di gas russi. La stessa area da cui proviene il gas che, fino al 24 febbraio 2022, Putin ha venduto in gran quantità all’Europa.
Pechino prende tempo sul gas russo
È quindi facile capire perché Vladimir Putin e Xi Jinping abbiano parlato di questa infrastruttura. E anche perché i comunicati russo e cinese diano versioni diverse.
Putin ha fretta di costruire il gasdotto Forza della Siberia 2 per dirottare verso la Cina il gas che non vende più all’Europa. A metà marzo dalla Russia arrivavano ormai soltanto 525 milioni di metri cubi (Mmc) a settimana contro gli oltre 2800 di dicembre 2021, appena prima dell’invasione russa. E con i prezzi dell’energia che tornano su livelli pre-crisi anche gli incassi sono crollati: 29 milioni di euro al giorno, erano circa 200 a febbraio 2022 (hanno toccato picchi di 800 mln/giorno nelle prime settimane di guerra).
E la Cina? Di comprare così tanto gas dalla Russia, e subito, non sembra averne bisogno. I piani di Pechino sono di arrivare al 2025 con 38 bcm di gas da Mosca tra pipeline e gas naturale liquefatto via mare. Nel frattempo la strategia cinese guarda più alla diversificazione che all’aumento dei volumi da Mosca. Pechino sta negoziando una fornitura via pipeline (la Central Asia–China Gas Pipeline D) da 25 bcm l’anno da Turkmenistan e Tajikistan. E continua a stringere nuovi accordi sul Gnl con gli Stati Uniti, a dispetto della competizione sempre più aspra e a 360 gradi tra i due paesi.
Su questo sfondo, durante l’incontro tra Vladimir Putin e Xi Jinping il primo ha affermato che Russia, Cina e Mongolia avevano ormai pronto l’accordo per il gasdotto Forza della Siberia 2 e che entro il 2030 Mosca avrebbe fornito almeno 98 bcm di gas a Pechino. Un volume che corrisponde alla somma dei 38 bcm dal primo Power of Siberia e dei circa 50 bcm del nuovo gasdotto in discussione, più 10 bcm di Gnl.
Ma il riassunto cinese dell’incontro è molto più freddo. Anzi, laconico: il gasdotto non lo cita nemmeno. E nel comunicato congiunto – approvato da entrambi i paesi – un riferimento c’è, ma si limita a dire che Cina e Russia faranno “sforzi per proseguire gli studi e l’iter di approvazione” della pipeline. Una dichiarazione generica, come tante altre che hanno costellato la storia di questo gasdotto.