L'analisi dell’Institute for Energy Economics and Financial Analysis (IEEFA)
L’Italia che continua a scommettere sul gas fossile rischia di far male i conti. Gli investimenti nell’infrastruttura gasiera aumentano mentre la domanda è in forte flessione. E, in futuro, dovrebbe continuare a scendere ancora.
I governi negli ultimi 4 anni hanno tutti giustificato l’interesse per nuovi gasdotti e terminal per gas naturale liquefatto. Prima in nome della sicurezza energetica e della necessità di ridurre la dipendenza dalla Russia. Poi con l’idea di fare del Belpaese l’hub euro-mediterraneo del gas (e dell’idrogeno), punto di ingresso per il mercato europeo.
Gas fossile, domanda in Italia -19% 2021-24
Anche sospendendo il giudizio su alcuni risvolti energetici del Piano Mattei, di cui l’Italia hub europeo del gas è un tassello cruciale, più di qualche dubbio resta. I piani per le infrastrutture destinate al gas naturale liquefatto potrebbero triplicare la capacità di rigassificazione dell’Italia, portandola da 16,1 miliardi di metri cubi nel 2022 a 47,5 miliardi di metri cubi nel 2026, calcola l’Institute for Energy Economics and Financial Analysis (IEEFA). Ma nel frattempo il declino dei consumi di gas in Italia “solleva interrogativi”, con i livelli di domanda nazionali per il gas sono diminuiti del 19% dal 2021 al 2024.
Per l’IEEFA, uno dei fattori che potrebbe rendere più difficile valutare correttamente la solidità di questi investimenti è la nuova definizione di ricavi introdotta nel 2021 con la Regolazione di spesa e servizi in base agli obiettivi di Arera. Il programma doveva garantire che gli investimenti fossero più efficienti. Ma i numeri gettano più di un’ombra. Soprattutto quelli delle navi metaniere per l’import di Gnl.
“I tassi medi di utilizzo dei terminali italiani per GNL tra gennaio e settembre 2024 suggeriscono che i volumi di rigassificazione non stanno tenendo il passo con l’ampliamento della capacità per questo combustibile. In tale periodo sono stati registrati tassi di utilizzo elevati per Adriatic LNG (90%) e Piombino (67%), ma molto più contenuti per la FSRU Panigaglia (28%) e per il terminale FSRU Toscana (13%), fuori servizio da fine febbraio 2024”, scrive IEEFA.
Il problema? Secondo il think tank spagnolo, gli incentivi derivanti dalla regolazione creano potenzialmente una distorsione a favore delle spese di capitale (capex).