Salta il patto sul phase out globale del carbone al G20 di Roma
(Rinnovabili.it) – Dimezzato l’accordo globale sul carbone, che riguarderà solo gli investimenti all’estero e non il carbone termico domestico. Ma c’è l’impegno comune a rispettare l’obiettivo degli 1,5 gradi di riscaldamento globale. Contro le aspettative, il G20 di Roma rischia di fare mezzo passo avanti sul clima. Nonostante negoziati difficili, gli sherpa sono riusciti a inserire il target più ambizioso di Parigi nella bozza di comunicato finale. Il documento può essere ancora modificato e bisognerà aspettare la chiusura dei lavori, il 31 ottobre, per avere la versione finale. Intanto, le anticipazioni rivelate da Reuters dicono che c’è una piccola luce in fondo al tunnel.
Il clima è una sfida “esistenziale”
La promessa di contenere il riscaldamento entro gli 1,5 gradi è fondamentale per evitare l’impatto peggiore della crisi climatica. E implica che la maggior parte degli sforzi contro il cambiamento climatico deve avvenire subito, entro questo decennio. Se sarà inserito davvero nel comunicato finale, questo punto potrà dare un assist importante alla COP26 che inizia domenica a Glasgow: spazza via tutti gli alibi e crea una massa critica che può orientare i negoziati. I paesi G20, infatti, sono responsabili del 75% delle emissioni globali.
Il linguaggio del comunicato del G20 di Roma è molto chiaro e non lascia scappatoie. “Rispondendo all’appello della comunità scientifica, prendendo atto degli allarmanti rapporti dell’IPCC e memori del nostro ruolo di leadership, ci impegniamo ad affrontare la sfida esistenziale del cambiamento climatico”, dice la bozza. “Riconosciamo che gli impatti del cambiamento climatico a 1,5 gradi sono molto più bassi che a 2 gradi e che è necessario intraprendere azioni immediate per mantenere 1,5 gradi a portata di mano”. Per gli standard della diplomazia internazionale, sono parole pesantissime.
Flop sul carbone al G20 di Roma
Niente da fare sull’altro nodo che aveva fatto fallire il vertice G20 di Napoli su energia e clima a luglio. Il carbone resta un argomento off limits per la diplomazia climatica. L’idea iniziale al G20 di Roma era di gettare le basi per un accordo globale sull’abbandono graduale del carbone in tutte le sue forme. Riuniti nella città partenopea, i Venti non ne avevano voluto sapere e avevano direttamente evitato ogni riferimento nelle conclusioni. Nel comunicato del summit che si sta per tenere all’Eur nella Nuvola di Fucsas, invece, il carbone appare ma ridimensionato: si parla soltanto di stop ai finanziamenti per progetti all’estero.
È una promessa ormai superata dagli eventi. La Cina ha già annunciato il 22 settembre che fermerà i suoi finanziamenti in progetti sul carbone all’estero. Su 50 progetti in corso, 44 sono supportati da fondi cinesi: in tutto pesano più di 42GW, mentre il secondo maggior finanziatore, il Giappone, si ferma a 2,2GW. Insomma, il dado ormai è tratto e promettere di chiudere i rubinetti a questa fonte fossile durante il G20 italiano non costa a nessuno. Ma il flop è sul carbone domestico. Solo in Cina ci sono in pipeline altri 100GW di nuove centrali a carbone e nel primo semestre di quest’anno sono andati online più di 5 nuovi GW. Pechino sta rallentando, ma nella sua strategia di lungo periodo il carbone non scompare per decenni. Il comunicato dice solo che i paesi G20 “faranno del loro meglio” per non costruire altri impianti, ma sempre “tenendo in considerazione le circostanze nazionali”.
Metano e sussidi fossili
Al di là dei due punti più scivolosi, il comunicato finale contiene impegni molto importanti sul clima, che non dovrebbero più essere rimessi in discussione. Uno su tutti, il passaggio sui sussidi alle fossili: c’è l’impegno a abbandonare gradualmente e a razionalizzarli. Compare anche un riferimento alla neutralità di carbonio entro il 2050, di cui gli Stati riconoscono “l’importanza fondamentale del raggiungimento delle emissioni nette globali di gas a effetto serra pari a zero”: c’è, sì, una data, ma il linguaggio non sembra troppo stringente.
Il testo cita poi l’impegno a raggiungere un sistema energetico “largamente decarbonizzato” entro il 2030. Compare anche un riferimento alle emissioni di metano, con l’impegno a tagliarle “sostanzialmente” entro il 2030. Ma la data può cambiare, è ancora inserita tra parentesi quadra come si usa per i punti ancora in discussione. Infine il passaggio sulla finanza climatica, grande ostacolo al tavolo negoziale della COP26. Il G20 di Roma riconosce l’importanza che i paesi ricchi mobilitino almeno 100 mld di dollari entro il 2025 (siamo appena a 80-90 e bisognava centrare l’obiettivo entro il 2020). Ma resta tra parentesi il passaggio con più ambizione, dove si chiedono “finanziamenti aggiuntivi per il clima”.
Se il testo non cambierà, e soprattutto se non sarà diluito l’impegno verso gli 1,5 gradi, il G20 italiano potrà dire di aver dato un contributo positivo alla COP26 di Glasgow. Il comunicato finale, però, mette ancora una volta nero su bianco quella sorta di “dissonanza cognitiva” in cui sono avviluppati molti paesi: promettere obiettivi a breve e medio termine e rifiutare le misure più importanti per raggiungerli (come lo stop al carbone) sono in palese contraddizione. A Glasgow bisognerà affrontare anche questo scoglio. (lm)