Sul clima, il comunicato finale del G20 a guida indonesiana ripete quello – diluito dell’ambizione originaria – approvato un anno fa a Roma. Le tensioni per la guerra in Ucraina continuano a frenare le politiche climatiche
Nella notte si è concluso il vertice del G20 di Bali
(Rinnovabili.it) – Viste le tensioni per la guerra in Ucraina e com’erano andati i vertici tematici e gli incontri preparatori, forse è già un risultato insperato che il G20 di Bali sia riuscito a produrre una dichiarazione finale congiunta. Dove per di più “la maggior parte” dei paesi “condanna fortemente” la “guerra” in Ucraina. Formulazione a cui la Russia, rappresentata dal ministro degli Esteri Sergej Lavrov, non si è opposta. Ed è, forse, un risultato non così scontato che il comunicato conclusivo della due giorni in Indonesia citi esplicitamente l’obiettivo degli 1,5 gradi. Il G20 Clima, alla fine di agosto, aveva fatto un sonoro flop. Chiudendo i lavori solo con un “sommario della presidenza” ma nessun impegno. Sta di fatto che il G20 a presidenza indonesiana ha sprecato un anno cruciale per accelerare il contrasto della crisi climatica da parte di un gruppo di paesi che rappresenta il 75% delle emissioni globali.
Cosa dice sul clima il comunicato finale del G20 di Bali
Uno dei risultati più sbandierati dal G20 Clima a guida italiana, l’anno scorso, era l’inclusione di un riferimento chiaro all’obiettivo più ambizioso del Paris agreement. Riferimento che è poi stato travasato nella decisione conclusiva della COP26 di Glasgow. Questa notte, dopo molte incertezze, il G20 di Bali ha mantenuto il riferimento. Senza fare alcun passo avanti rispetto a 12 mesi fa.
Se si confrontano il comunicato di Bali e quello di Roma del 2021, il passaggio (punto 13) resta sostanzialmente identico con questa unica aggiunta: “decidiamo di perseguire gli sforzi per limitare l’aumento della temperatura a 1,5°C”. Il resto è la copia pressoché identica della versione di Roma: “Riconosciamo che gli impatti del cambiamento climatico a 1,5°C sono molto più bassi che a 2°C. Mantenere 1,5°C a portata di mano richiederà azioni significative ed efficaci e l’impegno di tutti i paesi, tenendo conto dei diversi approcci, attraverso lo sviluppo di chiari percorsi nazionali che allineino l’ambizione a lungo termine con gli obiettivi a breve e medio termine, e con la cooperazione e il sostegno internazionale”.
Un buon risultato, per il G20 di Bali, sarebbe stato riprendere ciò che era stato rimosso dal comunicato di Roma diluendone ambizione e credibilità. Ovvero, il riferimento – presente nella prima bozza, poi bianchettato – alla necessità di “intraprendere azioni immediate per mantenere 1,5 gradi a portata di mano”. Continuare a ripetere “azioni significative ed efficaci”, invece, non assicura – ancora una volta – che i paesi del G20 accelerino l’azione climatica in questo decennio cruciale.
Finanza climatica ed energia: ancora zero ambizione
Anche gli altri capitoli legati alla crisi climatica non vanno oltre il testo già consolidato l’anno scorso o gli impegni assunti nel frattempo in altri consessi internazionali. Sulla finanza per il clima, il G20 di Bali ripete l’impegno dei “paesi sviluppati” a fornire 100 mld $ fino al 2025, così come ribadisce l’intenzione di raddoppiare i fondi per l’adattamento rispetto al livello del 2019. Un punto, quest’ultimo, già inserito nel Patto sul clima di Glasgow.
Si ripete anche un altro punto stabilito alla COP26, cioè l’impegno ad aggiornare al più presto gli NDC, cioè i contributi nazionali volontari, per allinearli agli 1,5°C. C’è poi un appello alle “parti” impegnate alla COP27 affinché “aumentino urgentemente l’ambizione su mitigazione e adattamento” e a “fare progressi su perdite e danni”. Ma da Bali nulla più che un invito arriva a Sharm el-Sheikh.
Sul capitolo energia, il G20 di Bali riprende la versione del 2021 sul carbone ma con una importante differenza. Questa volta i 20 paesi si impegnano ad ”accelerare gli sforzi” per una riduzione (phasedown) non per l’eliminazione (phase out) di questa fonte fossile se “unabated”, ovvero senza tecnologie di contenimento delle emissioni. Un cambiamento che riflette l’esito della COP26.