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Il futuro dell’energia globale nell’ETP 2020

energia

di Matteo Grittani

(Rinnovabili.it) – Con le emissioni di CO2 da fonti fossili che hanno raggiunto le 33 Gigatonnellate annue nel 2019 (record di sempre n.d.a.), e i conseguenti effetti del climate change sempre più evidenti su tutto il globo, oggi più che mai serve capire come si svilupperà il sistema energetico mondiale. Un’immagine chiara di ciò che ci attende, ce la fornisce l’Energy Technology Perspectives (ETP) 2020, il rapporto di International Energy Agency (IEA), che fotografa la transizione energetica in atto ed analizza ben 800 diverse soluzioni tecnologiche per raggiungere emissioni cosiddette “net-zero” entro il 2070. Vediamone i punti principali.

Il contesto globale

Una pandemia e una crisi economica senza precedenti; il 2020 è senza dubbio stato un anno difficile sotto vari punti di vista. Il peso del lockdown sulle attività umane è stato impressionante e se è vero che entro fine anno le emissioni caleranno bruscamente, senza cambiamenti strutturali al sistema economico ed energetico, questo crollo sarà solo temporaneo e l’anidride carbonica comincerà di nuovo a salire a ritmi del 2/3% seguendo i trend pre-covid. “Nonostante la grave situazione – ha scandito Fatih Birol, direttore esecutivo di IEA aprendo la presentazione – i recenti sviluppi in campo energetico ci danno motivo di pensare con crescente ottimismo alla capacità del mondo di accelerare la transizione green”. Ma quali sono le ragioni dell’ottimismo di Birol?

Solare Fotovoltaico ‘forte’ e bassi tassi di interesse

Innanzitutto il costo del fotovoltaico. L’elettricità prodotta dai pannelli in silicio è tra le più competitive da alcuni anni, con un calo dell’82% dai livelli del 2010 del costo del kWh prodotto. Un fenomeno non più relegato solamente a mercati come Cina, Europa e USA che ne hanno trainato da subito la crescita. Nuovi progetti stanno via via vedendo la luce un po’ ovunque nel mondo, dal Vietnam agli Emirati Arabi Uniti, dall’Egitto al Brasile. Per dare un’idea della dimensione della crescita del fotovoltaico, l’energia prodotta è aumentata del 22% nel solo 2019, per arrivare oggi al 2.7% degli approvvigionamenti elettrici globali – 720 TWh annui. L’elettricità rinnovabile solare è seconda solo al vento. L’eolico infatti, sottolinea Birol, “grazie a miglioramenti tecnologici sostanziali è giunto ora a rappresentare il 5% dell’elettricità prodotta”.

Come noto tuttavia, per lo sviluppo delle rinnovabili l’ostacolo principale non è certo la tecnologia o il ‘carburante’ per alimentarle (che è gratuito), ma l’investimento iniziale: il cosiddetto Capex. “Tutti i business green – prosegue il capo dell’Agenzia – possono già da ora beneficiare di tassi di interesse tra i più bassi della storia, generati dall’allentamento delle politiche monetarie delle banche centrali in risposta alla pandemia”. Uno dei settori che più è stato premiato da questa dinamica è quello del trasporto elettrico: investimenti e incentivi hanno portato la quota di auto ibride e full-electric al 2.6% delle vendite totali nel 2019. Una percentuale che sale addirittura al 18% in Europa, leader incontrastata del mercato.

UE regina green, ma non solo

Lo sappiamo, la transizione energetica dev’essere un fenomeno universale, oppure non è. E se l’Unione Europea ha annunciato il piano più ambizioso per portare i gas serra a zero entro il 2050, ci sono molti altri Paesi che stanno andando nella stessa direzione. Durante il Clean Energy Transitions Summit promosso da IEA lo scorso Luglio, 40 Ministri dell’Energia rappresentanti ben l’80% dei consumi energetici mondiali e delle emissioni di anidride carbonica, hanno presentato piani di sviluppo energetico con al centro tecnologie verdi. “La maggior parte degli investimenti in energia pulita arrivano oggi da economie emergenti o in via di sviluppo”, nota Birol.

Una tendenza non solo dettata dall’incombenza del climate change, ma anche dal grave problema dell’inquinamento atmosferico. Insomma, la decarbonizzazione è senza dubbio una necessità, ma può diventare anche una grande opportunità. Anche le attività del settore privato si stanno attrezzando per coglierle. “Molte compagnie dell’oil and gas ad esempio hanno annunciato piani di riassetto delle loro strategie industriali, riconvertendo almeno in parte i loro core business in direzioni più sostenibili”. E se c’è ancora molto lavoro da fare per ‘ripulire’ i giganti energetici, come avverte Birol “il loro know how ingegneristico, unito all’esperienza di project management e soprattutto all’enorme liquidità di cui dispongono saranno fondamentali per sviluppare tecnologie green su larga scala quali eolico offshore, idrogeno e cattura del carbonio”.

Le note dolenti

Se da un lato ci sono buoni motivi per essere ragionevolmente ottimisti nonostante la prima parte dell’anno che ci stiamo lasciando alle spalle, dall’altro l’Energy Technology Prospective 2020 fotografa anche tutti i limiti dell’attuale sistema energetico e soprattutto certifica l’improbabilità del raggiungimento degli obiettivi stabiliti nel 2015 con gli Accordi di Parigi. La situazione climatica è talmente compromessa che la transizione verso fonti pulite unita all’abbandono graduale delle fossili non basterebbero a risolverla. IEA calcola infatti che con un settore energetico completamente green arriveremmo solo a un terzo della complicata strada verso le zero emissioni entro metà secolo. Per completare il cammino bisogna concentrare l’attenzione anche su settori quali trasporto, processi industriali ed edifici, che complessivamente contribuiscono al 55% della CO2 totale prodotta.

E poi c’è quello che ad oggi è l’ostacolo principale all’azzeramento delle emissioni: l’infrastruttura energetica esistente. Cosa significa? Le centrali termoelettriche a carbone hanno una vita media di esercizio che supera i 50 anni. Similmente, asset industriali pesanti quali raffinerie, acciaierie e cementifici, possono operare per 30/40 anni. Ciò significa che esiste una enorme flotta di impianti inquinanti sparsa per il globo che continuerà a emettere gas serra per decenni. Una realtà che interessa l’Europa come gli Stati Uniti, ma soprattutto le economie emergenti dell’Asia, dove “l’80% della capacità delle centrali a carbone esistenti ha meno di 20 anni”, registra Timur Gül, capo della divisione ETP di IEA. E prosegue: “le infrastrutture industriali ed energetiche operanti oggi continueranno a emettere circa 750 GtonCO2 nei prossimi cinque decenni se non agiremo”. Si tratta di una quantità inimmaginabile di anidride carbonica in atmosfera, che creerebbe modificazioni al ciclo del carbonio e ulteriori stravolgimenti al clima del Pianeta.

Che fare quindi?

Fine vita anticipato degli impianti più inquinanti, cambiamento dei processi produttivi, retrofit con Carbon Capture, Utilisation and Storage (CCUS), sono solo alcune delle strategie da seguire per affrontare il problema. Le soluzioni proposte da IEA spaziano dal riciclo dei materiali, all’efficientamento energetico dei sistemi di riscaldamento residenziale, per arrivare ad una completa elettrificazione dei processi industriali e del trasporto. Entro il 2050 dovremo generare due volte e mezzo l’elettricità che produciamo oggi. Per farlo dovremo aggiungere quasi 800 GW di capacità rinnovabile ogni singolo anno fino al 2050 – quattro volte quella aggiunta nel 2019. Per quanto riguarda l’idrogeno – tecnologia chiave nei prossimi decenni – per produrne in maniera pulita e sostenibile servirà aumentare la capacità degli elettrolizzatori a quasi 100 GW annui.

“Obiettivo ad oggi difficilmente raggiungibile – precisa Güldal momento che significherebbe costruire ogni ora da qui a metà secolo l’equivalente dell’impianto più grande al mondo a Fukushima in Giappone, da 10 MW”. Non va meglio per la cattura del carbonio: per centrare gli obiettivi di COP 21 occorrerebbe ‘catturare’ dall’atmosfera più di 250 MtCO2 all’anno fino al 2050, quando oggi ci fermiamo a meno di 3. Il quadro è senza dubbio complicato, ma allo stato attuale si può dire che il mondo è in ritardo abissale per la grande sfida della decarbonizzazione e quindi per la lotta al cambiamento climatico. “I mercati saranno senza dubbio vitali per catalizzare e promuovere innovazione, ma saranno le decisioni dei governi a sancire se riusciremo o meno a raggiungere zero emissioni e scampare gli effetti più critici del global warming”, conclude Gül. Le decisioni dei Governi, le fanno gli elettori e l’opinione pubblica: diamoci da fare.

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