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Gli USA rinunciano alla moratoria sulle fossili onshore

fossili onshore
Foto di Redhawk Investment Group da Pixabay

La pausa alle nuove concessioni sulle fossili onshore era stata decretata a gennaio

(Rinnovabili.it) – Addio moratoria, da Washington arriva di nuovo luce verde alle trivelle. Venerdì scorso, il dipartimento dell’Interno ha pubblicato l’analisi sul quadro regolatorio per le nuove concessioni alle fossili onshore su terreni federali. Il documento dice una cosa molto semplice alle compagnie energetiche: è possibile estrarre nuovo petrolio e gas, basta che paghiate di più.

Appena insediato, lo scorso gennaio, il presidente Joe Biden aveva decretato una moratoria temporanea sullo sviluppo delle fossili onshore su quelle aree di competenza esclusiva del governo federale. Molti auspicavano che la revisione delle policy limitasse lo sviluppo di nuovi pozzi, sulla falsariga della promessa di Biden di dire stop al fracking sullo stesso tipo di terreni.

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Non è successo nulla di tutto ciò. Il programma di vendita di nuove concessioni continuerà, semplicemente con termini meno favorevoli all’industria. Il rapporto firmato dalla segretaria agli Interni Deb Haaland raccomanda di aumentare i tassi delle royalty federali per le trivellazioni di petrolio e gas. Non venivano alzati da 100 anni e sono fermi al 12,5%, molto più basso di quello fissato dalla maggior parte degli Stati americani e dai privati.

Si consiglia poi di aumentare gli accantonamenti in forma di obbligazioni che le compagnie energetiche devono mettere da parte per il futuro decommissioning prima di trivellare nuovi pozzi. Anche questi importi non sono stati toccati da decenni. Altro consiglio: i criteri per accordare nuove concessioni dovrebbero includere l’ok solo ad aree con un potenziale medio-alto e la preferenza per quelle già vicine ad altre infrastrutture oil&gas esistenti.

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La fine della moratoria temporanea sulle fossili onshore arriva a due settimane di distanza dall’ok di Biden a una maxi-infornata di nuove concessioni alle trivelle nel golfo del Messico. L’area messa all’asta è di 352mila km2, più vasta dell’Italia, e celerebbe riserve di idrocarburi per 1,1 miliardi di barili di greggio e 4.400 miliardi di m3 di gas. (lm)

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