Una sentenza del tribunale della Louisiana costringe la Casa Bianca a fare retromarcia sullo stop alle trivelle promesso nel giorno dell’insediamento di Biden. Per la prima volta da 100 anni alzati i canoni (del 50%)
Le aste sulle fossili onshore riguardano 580 km2 quasi tutti in Wyoming
(Rinnovabili.it) – Uno dei primi atti firmati da Joe Biden il giorno stesso dell’insediamento, il 20 gennaio 2021, metteva al bando le trivelle dai terreni federali. Adesso scatta la retromarcia: il dipartimento degli Interni americano ha lanciato la prima asta per le fossili onshore da quando è in carica l’amministrazione democratica.
Lo stop alle trivelle era sembrato subito in bilico. La decisione era finita in tribunale che l’inchiostro sull’ordine esecutivo era ancora fresco. Diversi Stati americani la contestavano. E hanno convinto il giudice. Il nuovo via libera è una mossa obbligata, anche se Biden prova comunque a mettere nuovi paletti alle fossili onshore.
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Due le misure adottate prima dell’asta lanciata ieri. Cambia la superficie dichiarata disponibile: poco più di 582 km2, vale a dire l’80% in meno rispetto a quanto chiesto dall’industria e il 30% in meno dell’ultima asta. E salgono le royalties, del 50%: dal 12,5% al 18,75%. L’efficacia di aumentare le tasse è dubbia, ma la manovra è simbolica. Nessuno era mai riuscito ad alzare i canoni su petrolio e gas da terreni federali fin dalla loro introduzione negli anni ’20.
Otto gli Stati coinvolti, tutti nell’ovest americano. Ma le parcelle messe all’asta riguardano per la maggior parte il Wyoming: lì si concentra il 90% delle concessioni. E sono collocate in una zona di precedente sviluppo di petrolio e gas, dove sono presenti pozzi in disuso. Gli altri Stati in cui saranno messi all’asta delle concessioni sono Colorado, Utah, New Mexico, Montana, Nevada, North Dakota, Oklahoma.
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“Il modo in cui gestiamo le nostre terre e acque pubbliche dice tutto su ciò che apprezziamo come nazione. Per troppo tempo, i programmi federali di leasing di petrolio e gas hanno dato la priorità ai desideri delle industrie estrattive rispetto alle comunità locali, all’ambiente naturale, all’impatto sulla nostra aria e acqua, ai bisogni delle nazioni tribali e, inoltre, ad altri usi delle nostre terre pubbliche condivise”, ha detto la segretaria all’Interno Deb Haaland.