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Flessibilità energetica, cos’è e perché deve aumentare 7 volte

Con la crescita delle rinnovabili non programmabili il sistema elettrico avrà bisogno di una flessibilità sempre maggiore. Lo studio del Centro Comune di Ricerca della Commissione Europea ha modellato le esigenze comunitarie al 2030 e al 2050

Flessibilità energetica
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 Il rapporto “Flexibility requirements and the role of storage in future European power systems”

(Rinnovabili.it) – La transizione verso un sistema energetico completamente decarbonizzato si basa su una quota crescente di impianti fotovoltaici ed eolici connessi alle reti  elettriche. E nonostante i sistemi previsionali migliorino giorno dopo giorno, aiutando a ridurre le incognite, la diffusione delle rinnovabili non programmabili è destinata a ridurre la flessibilità energetica. Cosa significa? Che proprio in virtù della loro natura discontinua renderanno difficile agli operatori della infrastruttura di trasmissione assicurare in ogni istante il bilanciamento tra produzione e consumi.

Beninteso, non sono l’unica tecnologia a sottrarre flessibilità. Anche la produzione nucleare, seppure per motivi diversi, può sortire un simile effetto. I reattori nucleari non sono adatti a modulare  rapidamente la loro produzione in base al fabbisogno, come succede invece con gli impianti termoelettrici a gas o idroelettrici. Questa rigidità operativa non dipende tanto da vincoli tecnici, che comunque esistono, quanto piuttosto da questioni economiche. Gli alti costi fissi di queste centrali non rendono conveniente farli funzionare in maniera discontinua, riducendo o aumentando la potenza per seguire le normali variazioni quotidiane della curva del carico.

Appare ovvio quindi che nei prossimi anni dovranno essere aumentati i requisiti di flessibilità del sistema elettrico per bilanciare domanda e offerta. Ma come e di quanto? Per rispondere alla domanda è necessario compiere qualche passo indietro.

Cosa è la flessibilità energetica?

La flessibilità energetica o flessibilità elettrica può essere descritta come il grado con cui un sistema elettrico può adeguare la domanda di energia o la disponibilità di fornitura in risposta ad una serie di fattori, sia previsti che imprevisti. L’Agenzia Internazionale dell’Energia la definisce come capacità di un sistema elettrico di gestire in modo affidabile ed economico la variabilità e l’incertezza della domanda e dell’offerta in tutte le scale temporali rilevanti. Ossia dal breve termine alla scala stagionale. 

Per loro natura i sistemi energetici sono già strutturati  e progettati per accogliere efficacemente gli effetti di incertezza e variabilità. Ai TSO, gli operatori delle reti di trasmissione (in Italia, Terna), va il compito quotidiano di regolare la quantità di elettricità immessa nel sistema in maniera che offerta e domanda combaciano sempre. Come? Modificando dove necessario la programmazione produttiva richiesta alle centrali termoelettriche convenzionali e idroelettriche. Tuttavia, la corsa alle zero emissioni sta cambiando il modo in cui l’elettricità viene generata, portata e utilizzata dai consumatori.

Il primo problema è rappresentato dalle fonti rinnovabili non programmabili. Sono destinate ad aumentare in maniera esponenziale seguendo le nuove logiche della generazione distribuita. La loro natura intermittente e la conseguente dinamica del carico residuo crea un’esigenza di flessibilità destinata ad ingigantirsi nei prossimi anni.

Ma a cambiare è anche la domanda. Gli utenti stanno diventando partecipanti attivi al mercato dell’energia. Tra veicoli elettrici e le nuove frontiere del V2X, batterie su piccola scala, comunità rinnovabili e autoconsumo diffuso, l’interazione tra consumatori e operatori di rete è destinata a mutare radicalmente, rendendo il fabbisogno sempre più variabile. L’ultima dimensione della sfida è rappresentata dal progressivo invecchiamento dell’infrastruttura di trasmissione e distribuzione.

Le soluzioni di flessibilità 

Come mantenere l’equilibrio della rete di fronte al cambiamento in atto? In aiuto arrivano le risorse di flessibilità. Non esiste una definizione ufficiale ma molto generalmente possono essere suddivise in 4 classi in base alla loro posizione nella filiera elettrica:

  • lato domanda in cui rientrano tutti i mezzi capaci di influenzare i modelli e l’entità dei consumi finali. I programmi di demand response per i clienti industriali ne sono un chiaro esempio. Le imprese possono ridurre o aumentare i propri consumi energetici in risposta alle esigenze del mercato elettrico, ricevendo in cambio di questa disponibilità una remunerazione. Ma anche i cittadini possono essere uno strumento importante per il demand response attraverso la programmazione della ricarica dei veicoli elettrici o dei carichi spostabili (lavastoviglie, asciugatrice, aspirapolvere, ecc.), pompe di calore e impianti di climatizzazione. Fondamentale per le risorse di flessibilità energetica lato domanda anche il V2X, acronimo di vehicle-to-everything. La sigla raggruppa  tutte le moderne tecnologie che consentono alle batterie dei veicoli elettrici di funzionare in modo bidirezionale, per dialogare con le reti e ottimizzare i consumi.
  • lato offerta, con misure e tecnologie attraverso cui è possibile modificare l’offerta delle unità di produzione elettrica. In questa classe rientrano le centrali elettriche dispacciabili (turbine a gas, centrali elettriche a carbone/biomasse, impianti a gas a ciclo combinato, centrali idroelettriche).
  • lato rete: che comprende interventi come la digitalizzazione o l’abilitazione di linee dinamiche o di interconnector.
  • altre fonti di flessibilità, come ad esempio lo stoccaggio stazionario (idroelettrico a pompaggi, volani, accumulo elettrochimico, accumulo a idrogeno). Anche se in maniera impropria in questa classe si potrebbero inserire le UVAM, ossia Unità Virtuali Abilitate Miste. Si tratta di un insieme di unità di produzione non rilevanti (programmabili o non programmabili), accumulo e consumo che, attraverso un aggregatore (BSP – Balance Service Provider), forniscono risorse al mercato del Dispacciamento.

Quanta flessibilità energetica ci servirà in futuro?

Un esercizio di modellazione svolto dagli scienziati del Centro comune di Ricerca della Commissione Europea ha recentemente valutato i requisiti e le soluzioni di flessibilità nel sistema energetico dell’UE necessari al 2030 e al 2050, analizzando tecnologie e tempistiche (giornaliera, settimanale e mensile).

I risultati – pubblicati nel rapporto Requisiti di flessibilità e ruolo dello stoccaggio nei futuri sistemi energetici europei – stimano un trend  necessariamente in salita per la rete europea. Rispetto alle cifre odierne, l’esigenza di flessibilità sarà più che raddoppiata entro il 2030 e diventerà sette volte superiore entro il 2050. “Per mettere in prospettiva questi numeri – spiega il Centro in una nota stampa –  i requisiti di flessibilità nel 2030 raggiungeranno il 25% dell’attuale domanda totale di energia e uno sbalorditivo 80% nel 2050”.

L’analisi mostra che vi sarà un legame piuttosto forte tra la maggiore esigenza di flessibilità giornaliera e la quota di produzione fotovoltaica, mentre i requisiti settimanali e mensili sono legati alla quota di produzione eolica (onshore e offshore).

“Infatti, mentre l’elettricità generata da impianti solari fotovoltaici segue tipicamente uno specifico profilo di generazione giornaliera, la produzione eolica segue più una stagionalità mensile. L’integrazione efficiente di entrambe le fonti di energia rinnovabile nel sistema elettrico richiede quindi un’adeguata valutazione delle necessarie soluzioni di flessibilità a breve o a lungo termine”.