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Nuova impennata per la finanza fossile: 673 mld $ solo nel 2022

La crisi energetica ha dato nuova linfa ai finanziamenti alle fossili. Le compagnie del fracking attraggono l’8% di investimenti in più del 2021, quelle attive nel gnl ben il 50% in più

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Foto di Jürgen da Pixabay

I numeri della finanza fossile nel rapporto annuale Banking on Climate Chaos

(Rinnovabili.it) – Nei sette anni che ci separano dall’adozione dell’Accordo di Parigi, le 60 maggiori banche private del mondo hanno investito 5.500 miliardi di dollari in combustibili fossili. Solo nel 2022, il flusso di finanza fossile è arrivato a 673 mld $. Dopo lo stop nel 2020 e il primo rimbalzo nel 2021, l’anno scorso la traiettoria ha continuato a salire anche sfruttando lo shock energetico scatenato dall’invasione russa dell’Ucraina. Un esempio su tutti: le prime 30 aziende che hanno espanso il settore del gnl hanno utilizzato la crisi per assicurarsi quasi il 50% in più di finanziamenti.

Sono alcuni dei dati di Banking on Climate Chaos 2023, il rapporto che monitora annualmente l’evoluzione della finanza fossile curato da circa 100 ong tra cui Urgewald, Re:Common, Rainforest Action Network, BankTrack, Oil Change International, Reclaim Finance e Sierra Club.

Un altro anno di boom della finanza fossile

Delle 60 banche analizzate nel rapporto, ben 49 si impegnano ufficialmente a raggiungere emissioni zero. Impegni che cozzano contro la realtà sul campo: è proprio da questi 49 istituti che arriva l’81% dei finanziamenti. I flussi di finanza fossile non hanno ignorato chi estrae le tar sands, le sabbie bituminose che sono la fonte fossile più inquinante: a queste aziende sono finiti 21 mld $. Petrolio e gas nell’Artico attirano ancora 2,9 mld $, in leggero calo rispetto all’anno scorso e con la Cina che domina gli investimenti. Alle trivelle in Amazzonia sono arrivati l’anno scorso 769 mln $, soprattutto da Banco di Santander e Citi.

La corsa al gas ha regalato un +8% alle aziende attive nel fracking (in tutto 67 mld $) mentre le 30 maggiori compagnie legate all’espansione del gnl hanno ricevuto ben il 50% in più di finanza fossile: dai 15,2 mld del 2021 ai 23 mld dell’anno scorso. L’estrazione di carbone ha racimolato ancora 13 mld, soprattutto dalla Cina, che è anche dietro il 97% dei finanziamenti a nuove centrali a carbone (29 mld in tutto). Unica nota positiva: erano 29 i finanziatori del carbone nel 2021, l’anno scorso sono scesi a 20.

“Il finanziamento dei combustibili fossili continua a essere dominato da una manciata di banche con sede negli Stati Uniti, in Canada e in Giappone”, si legge nel rapporto. Per la prima volta da quando è stato lanciato il monitoraggio, però, c’è un cambio al vertice: è una banca canadese, la Royal Bank of Canada (RBC), al primo posto come peggior finanziatore di combustibili fossili. Ha spodestato JPMorgan Chase, che continua però ad essere la peggiore banca in assoluto dopo l’Accordo di Parigi (in tutto ha sborsato 434 mld $ dal 2016 contro i 253 di RBC). La banca francese BNP Paribas è la peggiore in Europa, con un finanziamento di 20,8 miliardi di dollari nel 2022.