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Un’Europa a zero CO2 è possibile, 5 milioni di posti di lavoro al 2050

Il nuovo studio di McKinsey ‘Net-Zero Europe: Decarbonization pathways and socioeconomic implications’. L’Italia sarebbe avvantaggiata rispetto alla media europea grazie al possibile minor costo delle rinnovabili elettriche, e alla produzione di idrogeno

Europa a zero CO2
Foto di TheAndrasBarta da Pixabay

di Tommaso Tetro

(Rinnovabili.it) – Raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050 a un costo netto pari a zero sarebbe possibile per l’Unione Europea e questo percorso potrebbe portare alla creazione di 5 milioni di nuovi posti di lavoro. L’Italia sarebbe avvantaggiata rispetto alla media europea grazie al possibile minor costo delle rinnovabili elettriche, e alla produzione di idrogeno. Questo quanto emerge dal nuovo studio di McKinsey ‘Net-Zero Europe: Decarbonization pathways and socioeconomic implications’.

Nello studio viene preso “in esame un possibile percorso verso la decarbonizzazione in Europa, evidenziandone i potenziali benefici economici: creazione di nuovi posti di lavoro, spinta all’innovazione e accelerazione della crescita – afferma Paolo D’Aprile, partner di McKinsey e tra gli autori del report – ci auguriamo che tale analisi possa orientare gli stakeholder nell’intraprendere progetti di riduzione delle emissioni che garantiscano un futuro sano e prospero ai cittadini europei. In questo contesto, l’Italia ha tutte le potenzialità per poter svolgere il ruolo di capofila nel percorso verso una piena sostenibilità”.

Secondo lo studio il settore elettrico sarebbe il primo a raggiungere zero emissioni nette, a metà del 2040. I trasporti raggiungerebbero l’obiettivo nel 2045, il settore delle costruzioni alla fine del 2040, quello industriale nel 2050, e a seguire l’agricoltura. Entro il 2050, la domanda di energia elettrica raddoppierebbe e l’elettricità proveniente da fonti rinnovabili rappresenterebbe oltre il 90% rispetto all’attuale 35%, e il consumo di petrolio, gas e carbone si ridurrebbe di oltre il 90%.

La cattura, lo stoccaggio e il riutilizzo della CO2 potrebbero soluzioni adottate in alcuni dei settori industriali più difficili da decarbonizzare. Sul fronte elettrificazione dei consumi e efficienza energetica al 2030, insieme con misure per una migliore gestione della domanda e della circolarità, questi ambiti rappresenterebbero le leve principali per decarbonizzare il sistema. Mentre l’aumento dei costi delle attività in alcuni settori causato dalla riduzione delle emissioni, sarebbe controbilanciato dai risparmi ottenuti in altri comparti. Il percorso per il raggiungimento di zero emissioni porterebbe alla creazione di 5 milioni di nuovi posti di lavoro legati all’energia pulita, mentre 18 milioni di persone potrebbero avere bisogno di formazione e sostegno durante la transizione.

Inoltre – viene spiegato dal rapporto – in Italia, l’elettrificazione e l’idrogeno rappresenterebbero leve chiave per l’abbattimento delle emissioni: entro il 2050, la domanda di energia elettrica potrebbe quasi raddoppiare; il consumo di carbone si esaurirebbe quasi completamente prima del 2040.

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Infine, per accelerare la decarbonizzazione in Europa dovrebbero essere trasferiti 800 miliardi di euro all’anno di investimenti dalle tecnologie ad alta intensità di carbonio a quelle a basse emissioni, e ulteriori 180 miliardi di euro dovrebbero essere investiti ogni anno; una somma che sarebbe compensata dai risparmi attesi. Il raggiungimento di zero emissioni nette potrebbe rendere l’Europa indipendente dal punto di vista energetico, anche se potrebbe aumentare la dipendenza dalle importazioni di componenti con tecnologia a zero emissioni di carbonio.

“Intraprendere un percorso per l’abbattimento delle emissioni – osserva Marco Piccitto, senior partner di McKinsey – non è solo una necessità per rispondere a regolamentazioni sempre più stringenti. Le azioni a favore di una svolta green generano benefici concreti a livello ambientale, sociale ed economico. Inoltre, rispettare la sostenibilità a trecentosessanta gradi sono strettamente legati la capacità per le imprese di finanziarsi sul mercato e l’opportunità di attingere alle risorse pubbliche messe a disposizione”.