La nuova mappa dell’estrazione di metalli potrebbe ridurre l’impronta ambientale delle miniere future
(Rinnovabili.it) – La generazione, lo stoccaggio, la trasmissione e l’uso di energia rinnovabile sono attività dipendenti dalla reperibilità e dalla estrazione di metalli. Tuttavia, nel prossimo futuro la domanda di queste materie prime potrebbe di gran lunga superare la portata dei depositi conosciuti. Ma uno studio condotto da ricercatori di Harvard e della Columbia University ha individuato dei depositi “giganti” di rame, piombo e zinco (tra gli altri) che potrebbero ridurre l’impronta delle future miniere e rendere più facilmente reperibili i metalli.
Con l’espressione “giganti” si indicano quei depositi che contengono più di 10 milioni di tonnellate di metallo. Pubblicato su Nature Geoscience, lo studio ha scoperto che il 100% di questi depositi si trova al di sopra delle linee molto profonde che segnano i bordi degli antichi continenti. In particolare, i depositi si trovano a circa 170 km sotto la superficie, lungo i confini in cui la litosfera terrestre, vale il rivestimento esterno del pianeta comprendente la crosta e il mantello superiore, si dirada.
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Fino ad ora, tutti i depositi conosciuti sono stati individuati in superficie e le loro posizioni sono apparse casuali. Negli ultimi decenni, però, si sono sviluppati nuovi metodi di esplorazione geofisica che utilizzano la gravità e le onde sismiche per trovare cumuli di minerali sepolti. Lo studio di Harvard e della Columbia è iniziato nel 2016 in Australia, continente in cui vengono estratti la gran parte di piombo, zinco e rame a livello mondiale.
I ricercatori hanno utilizzato onde sismiche per mappare la profondità altamente variabile della litosfera, che si estende fino a 300 km nei nuclei delle più antiche e indisturbate masse continentali, e si assottiglia sotto le rocce più giovani dei fondali oceanici. Gli autori dello studio hanno scoperto che le miniere australiane più ricche si trovano lungo la linea in cui la vecchia litosfera si estende per 170 km di profondità avvicinandosi alla costa. Hanno quindi esteso le loro indagini in altre zone del pianeta, riscontrando modelli di distribuzione identici.
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I ricercatori hanno così prodotto una “mappa del tesoro” dell’estrazione di metalli, che include le aree del Canada occidentale; le coste di Australia, Groenlandia e Antartide; le regioni occidentali, sud-orientali e dei Grandi Laghi degli Stati Uniti; e gran parte dell’Amazzonia, dell’Africa nord-occidentale e meridionale, dell’India settentrionale e dell’Asia centrale.
“Questi depositi contengono un sacco di metalli legati a minerali di alta qualità. Quindi, una volta trovati, l’estrazione di metalli può essere praticata scavando solo un buco“, ha dichiarato Mark Hoggard, ricercatore di Harvard. Di contro, la maggior parte delle attuali miniere si basa su estrazioni tentacolari e altamente distruttive. Sulla base dello studio, alcune società mineraria sembrano aver già rivendicato intere aree in Australia e Nord America. Ma l’industria è notoriamente riservata, quindi non è ancora chiaro quanto possa essere diffusa questa attività.