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Le emissioni di metano sono il vero protagonista del summit di Glasgow

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Oggi il piano dettagliato di Biden contro le emissioni di metano

(Rinnovabili.it) – E’ cresciuto per mesi lontano dai riflettori della COP26, raccogliendo adesioni su adesioni. Senza mai conquistare le prime pagine dei giornali ha già messo d’accordo 90 paesi che rappresentano più o meno il 60% del Pil globale. Adesso rischia di diventare il vero protagonista del vertice sul clima di Glasgow. Stiamo parlando del Global Methane Pledge, il patto mondiale per ridurre le emissioni di metano lanciato a metà settembre da Unione Europea e Stati Uniti.

Chi aderisce promette di ridurre le emissioni di metano del 30%, rispetto ai livelli del 2020, entro la fine di questo decennio. È un passaggio cruciale per tenere vivo l’obiettivo di contenere il riscaldamento globale entro gli 1,5 gradi, risultato che ci permette di evitare l’impatto più devastante del cambiamento climatico.

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Infatti, il metano è responsabile di un quarto del global warming accumulato storicamente, è cresciuto 3 volte più rapidamente della CO2 negli ultimi 200 anni, e ha un potere climalterante 80 volte maggiore di quello dell’anidride carbonica anche se resta in atmosfera per molto meno tempo. Se le promesse raccolte finora saranno mantenute, cancelleranno ben 0,2°C di riscaldamento globale in 9 anni. Dimezzare le emissioni di metano entro il 2050 lo ridurrebbe di 0,3°C.

Oggi il presidente degli Stati Uniti Joe Biden aggiungerà qualche tassello alla roadmap americana per centrare l’obiettivo. Lo scopo? Pungolare gli indecisi e chi, finora, ha fatto solo spallucce. Il Global Methane Pledge, infatti, ha raccolto adesioni importanti come quella del Brasile, che tra allevamento e agricoltura è tra i massimi emettitori. Ma solo metà dei 30 inquinatori più grandi ha sottoscritto il patto. Si fa sentire soprattutto l’assenza di Cina, Russia e India che da soli valgono il 30% delle emissioni di metano globali.

Tra le misure che annuncerà Biden ci sono nuove regole per le aziende oil&gas, che dovranno presentare dei piani concreti per affrontare tutte le possibili fonti di emissioni di metano, inclusi circa 300mila siti estrattivi, tutte le operazioni che riguardano il gas (compreso il flaring, bruciare il gas ottenuto come sottoprodotto dell’estrazione di petrolio) e le perdite di metano dalle pipeline. Quest’ultimo punto è corposo perché riguarda sia le grandi infrastrutture sia la rete cittadina, lunghe rispettivamente 480mila e 3,7 milioni di km. (lm)

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