Un rapporto dell’Institute for Agriculture & Trade Policy analizza le emissioni di CH4 delle 15 aziende più grandi al mondo che si occupano di carne e prodotti caseari. Molte rivaleggiano con le emissioni da allevamento dei maggiori paesi produttori. Insieme costituiscono il 3,4% delle emissioni globali di questo gas serra. Ma non hanno target di riduzione
Le emissioni di metano hanno un potere climalterante 82,5 volte maggiore della CO2 nei primi 20 anni
(Rinnovabili.it) – Le 15 più grandi aziende al mondo che si occupano di carne e prodotti caseari, insieme, inquinano più di compagnie fossili come Shell o BP. Se fossero uno stato, si piazzerebbero al 10° posto nella classifica dei maggiori produttori di gas serra del mondo. Il motivo? Le emissioni di metano prodotte dagli allevamenti sotto il loro controllo. Emissioni che, finora, sfuggono completamente a qualsiasi tentativo di riduzione in sede internazionale.
Dall’anno scorso, la diplomazia climatica ha iniziato a mettere al centro degli sforzi contro i gas serra non solo la CO2 ma anche le emissioni di metano. Il suo potere climalterante è 82,5 volte maggiore di quello dell’anidride carbonica nei primi 20 anni in cui resta in atmosfera. Perciò tagliare il CH4 permette di limitare già nel breve periodo il riscaldamento globale di qualche decimo di grado. Una soluzione oggi considerata essenziale per gli obiettivi climatici al 2030.
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Peccato che, delle tre principali fonti di emissioni di metano – allevamenti, rifiuti e oil&gas – le iniziative internazionali si concentrino solo sulle compagnie fossili. “I responsabili politici hanno individuato soluzioni che girano attorno a questo sistema estrattivo” degli allevamenti, accusano gli autori del rapporto “Emissions impossible”, pubblicato oggi dall’Institute for Agriculture & Trade Policy. “I governi si limitano a soluzioni tecnologiche senza considerare seriamente le trasformazioni sistemiche necessarie nella produzione, nel commercio e nel consumo di prodotti animali”, continuano.
Una trasformazione sistemica che risuona perfettamente con le posizioni espresse nell’ultimo rapporto dell’IPCC. D’altronde le 15 aziende considerate nel rapporto costituiscono la spina dorsale di un modello di alimentazione e di sfruttamento delle risorse naturali che, per dimensioni, è ritenuto del tutto insostenibile.
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Le sole emissioni di metano delle 15 aziende arrivano a 12,8 Mt (milioni di tonnellate) complessive, in pratica l’80% dell’impronta di metano dell’Europa intera e il 3,4% delle emissioni di CH4 globali. Se si considerano le emissioni totali di queste aziende, si arriva a 734 Mt CO2e, più della Germania. Le loro emissioni di metano sono superiori del 52% rispetto a quelle legate al bestiame dell’UE e del 47% rispetto a quelle degli Stati Uniti.