Le emissioni di gas serra del G20 segnano +4% nel 2021
(Rinnovabili.it) – Dopo il tracollo nel 2020 dovuto alla pandemia (-6%), quest’anno le emissioni di gas serra dei paesi del G20 sono tornate a salire. Il rimbalzo è consistente e segna un rotondo +4%, in barba a tutte le grandi ambizioni sbandierate al summit su clima ed energia di Napoli a luglio e in molte altre sedi internazionali. Argentina, Cina, India e Indonesia supereranno addirittura i livelli prepandemici del 2019.
Un pessimo biglietto da visita per la COP26 di Glasgow che inizia tra un paio di settimane visto che le 20 economie più floride del mondo sono anche responsabili del 75% delle emissioni di gas serra globali. La loro performance climatica è essenziale per tenere l’obiettivo di 1,5 gradi riscaldamento globale a portata di mano. Lo sottolinea il Climate Transparency Report, giunto quest’anno alla 7° edizione.
L’Italia e le emissioni di gas serra 2021
Tra luci e ombre, l’Italia non se la cava male rispetto ai colleghi del G20. Le emissioni di gas serra pro capite sono più basse della media del gruppo (6,5 tCO2e contro 7,5) e la tendenza di riduzione è più marcata (fra il 2013 e il 2018 segna -0,94% contro la media G20 del -0,71%). Ma nonostante questi aspetti positivi, il Belpaese non è affatto allineato all’obiettivo più ambizioso di Parigi (+1,5°C).
“L’obiettivo nazionale dell’Italia è ridurre le emissioni di gas serra del 38% al di sotto dei livelli del 2005, ovvero di circa 366 MtCO2e, entro il 2030. Per mantenersi al di sotto del limite di temperatura di 1,5°C, le emissioni dell’Italia al 2030 dovrebbero essere di circa 165 MtCO2e (o il 72% al di sotto dei livelli del 2005)”, si legge nel rapporto. Questo significa che c’è ancora “un gap di ambizione di 201 MtCO2e”.
Le emissioni dell’Italia (escluse quelle legate all’uso del suolo) sono diminuite del 17% tra il 1990 e il 2018, attestandosi a 429 MtCO2e. Le emissioni totali di gas serra hanno raggiunto il picco nel 2005, poi hanno oscillato per alcuni anni prima di iniziare a diminuire in modo più costante dal 2011 in poi. “Le proiezioni attuali mostrano che le emissioni dell’Italia raggiungeranno il 64% al di sotto dei livelli del 1990 entro il 2050”, cioè la data in cui dovremmo invece arrivare alla neutralità climatica, scrivono gli autori del dossier.
La performance del Belpaese negli altri ambiti
Altra nota negativa: se il mix energetico italiano è ancora dominato (77%) dalle fossili, “nonostante l’aumento delle energie rinnovabili negli ultimi due decenni, l’intensità di carbonio del mix energetico è cambiata di poco”. È leggermente diminuita negli ultimi cinque anni e si attesta a 48 tCO2/TJ nel 2020. Dato inferiore alla media del G20 (57 tCO2/TJ), ma l’Italia corre di meno: tra 2014 e 2019 il valore della penisola è sceso solo del 4,6% rispetto al 10,56% della media G20. È più lenta anche la crescita della quota delle rinnovabili nel mix elettrico, +9% contro una media superiore al +24% nel 2015-2020.
Sui trasporti l’Italia potrebbe fare molto di più. Le emissioni di gas serra legate a questo settore, sul totale delle emissioni del macrosettore energetico, sono la fetta maggiore con il 29%. E sono ancora in crescita. Da qui la bocciatura: “Nel 2018, il 91% del trasporto passeggeri e l’85% delle merci è stato trasportato su strada e i combustibili fossili hanno ancora dominato il mix energetico dei trasporti. I veicoli elettrici (EV) hanno rappresentato solo il 4,3% delle vendite di auto nel 2020”.
Sul fronte della finanza, anche se dal 2014 i sussidi alle fossili sono in discesa, nel 2019 ammontavano ancora a 8,3 miliardi di euro. I dati 2020 non sono comparabili, ma l’anno scorso restavano ancora almeno 3,2 mld di sussidi. Quasi tutti legati alla nazionalizzazione di Alitalia. Per quanto riguarda la finanza climatica, il rapporto condanna l’Italia ma non tiene conto delle recenti promesse del ministro Cingolani di portare la cifra a 1 mld di euro l’anno.
(lm)