Il rapporto di Common Wealth e Climate and Community Project usa il costo sociale del carbonio per calcolare quanto dovrebbero sborsare Stati Uniti e Gran Bretagna per compensare le comunità locali dell’impatto delle emissioni generate dal loro apparato bellico
Un approccio “compensativo” al calcolo delle emissioni delle attività militari
(Rinnovabili.it) – Dal 2015 a oggi, l’apparato bellico degli Stati Uniti e della Gran Bretagna ha generato circa 430 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, poco più dei gas serra emessi dall’Italia nel 2021. Emissioni delle attività militari che, finora, restano in gran parte intoccate dalle politiche climatiche. Soprattutto in quei dove l’industria delle armi è particolarmente “pesante”. E di cui si fatica anche a sapere quante sono, visto che le linee guida della Convenzione quadro dell’ONU sul cambiamento climatico (UNFCCC) lascia alla discrezione degli stati se riportare o meno quanto inquinano i loro eserciti nei rapporti annuali.
La stima sull’impronta climatica delle forze armate di Washington e Londra arriva da un rapporto di Common Wealth e Climate and Community Project, due associazioni basate rispettivamente in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Ed è una stima preziosa per due motivi.
Il primo è la difficoltà di far luce sulle emissioni delle attività militari in generale. Mancano i dati, i paesi spesso abdicano alla trasparenza in nome del segreto militare e della sicurezza delle operazioni belliche. Ricostruire a ritroso l’impatto degli eserciti non è un’operazione semplice – tanto meno lo è calcolare l’impatto climatico di una guerra. Il secondo motivo è che, finora, non esiste una metodologia validata per conteggiare i gas serra di carri armati, caccia, caserme e logistica militare. E il rapporto Less War, Less Warming: A Reparative Approach to US and UK Military Ecological Damages propone un approccio nuovo.
Tradurre le emissioni delle attività militari in finanza climatica
Gli autori hanno calcolato le emissioni delle attività militari non solo in valori assoluti, ma leggendole attraverso il prisma del costo sociale del carbonio. Si tratta di uno strumento che permette di avere una stima dell’impatto diretto e indiretto delle emissioni di gas serra associando un valore monetario a ogni tonnellata di CO2 generata. Strumento che alcuni paesi utilizzano per calcolare i costi-benefici delle loro politiche in modo da renderle più sensibili alle priorità ambientali e climatiche.
Una volta ottenuta una stima dei costi associati alle emissioni delle attività militari, il rapporto li piazza sulla mappa. USA e UK hanno apparati bellici di portata globale, con basi e operazioni in tutto il mondo. Gran parte dei costi, quindi, non gravano su chi ha il passaporto inglese o americano ma sulle comunità locali. Da qui derivano delle stime sull’impronta delle forze armate espresse sotto forma di riparazioni attraverso la finanza climatica a cui pervengono gli autori. Per compensare queste comunità dei danni subiti, gli Stati Uniti dovrebbero sborsare almeno 105 miliardi di dollari, mentre la Gran Bretagna ne dovrebbe rendere disponibili 6.
La fotografia che ne emerge è assolutamente parziale – la stima più accreditata è che le emissioni degli eserciti di tutto il mondo siano circa il 5,5% dei gas serra globali – ma rende immediatamente “operativo” un esercizio che rischia, altrimenti, di restare solo una voce in più nei bilanci emissivi nazionali.