Rinnovabili • Embargo del petrolio russo: l’Europa è spaccata

L’Europa è ancora indecisa sull’embargo del petrolio russo

I Baltici, la Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Irlanda formano il fronte dei falchi. Ma con qualche distinguo: Varsavia non vuole toccare tutto il comparto energetico per salvare il carbone russo di cui ha bisogno. Chi frena di più è l’Ungheria, che mette il veto. Facendo contenta la Germania. E forse anche l’Italia, che non sembra pronta a un salto nel vuoto se si chiudono i rubinetti del gas

Embargo del petrolio russo: l’Europa è spaccata
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Ieri in Consiglio la discussione sull’embargo del petrolio russo

(Rinnovabili.it) – “Oggi non era un giorno di decisioni – e quindi nessuna decisione è stata presa”. Il commento a denti stretti di Josep Borrell arriva alle 22 di ieri sera, al termine della riunione dei ministri degli Esteri UE. Sull’embargo del petrolio russo, i Ventisette hanno smorzato gli entusiasmi del capo della diplomazia europea. Niente di fatto: l’Europa non è pronta a chiudere i rubinetti. Anche se questo significa, ai prezzi correnti, regalare alla Russia 1 miliardo di euro al giorno e finanziare (indirettamente ma non troppo) l’invasione dell’Ucraina.

Lo spagnolo non è nuovo a uscite roboanti e a subitanee retromarce in sordina. Qualche giorno fa spernacchiava su Twitter gli oligarchi russi appena messi sotto sanzioni a suon di “No more shopping in Milan, no more parties in Saint Tropez, no more diamonds in Antwerp”. Il tweet è rimasto su non più di due ore. A inizio marzo assicurava che “ogni opzione è sul tavolo” e la frase voleva essere una minaccia proprio sull’embargo del petrolio russo. Invece su quest’opzione i Ventisette vogliono prendere tempo.

Chi vuole l’embargo del petrolio russo e chi no

Ieri sera Borrell si è trovato di fronte un Consiglio spaccato. Chi rema contro le sanzioni energetiche a Mosca è soprattutto l’Ungheria. O meglio: quello di Budapest è il no più visibile ma molti altri paesi UE nutrono gli stessi dubbi. Il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó si è spinto fino a mettere il veto sull’embargo del petrolio russo, per il governo Orban resta una linea rossa. Il Consiglio può prendere decisioni solo all’unanimità, quindi la (non) decisione è apparsa subito chiara.

A frenare però è anche la Germania. Troppo dipendente dagli idrocarburi di Putin, Berlino, per tagliare immediatamente le importazioni. Idem per l’Olanda. Posizione che si riflette nelle parole di Borrell al termine del meeting: la risposta europea ci sarà, ma non deve comportare “un costo insostenibile” per gli Stati membri.

Sull’altro fronte dominano i paesi baltici. Il ministro degli Esteri della Lituania, Gabrielius Landsbergis, continua a sostenere che sarà inevitabile prima o poi mettere sanzioni almeno sul petrolio russo, uno dei principali introiti del bilancio di Mosca. La Polonia la pensa uguale. Ma Varsavia non vuole che si tocchi il carbone. Come anche la Danimarca.

Pure l’Irlanda, insieme a Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia, è favorevole all’embargo sul petrolio russo. L’Italia, ha spiegato il ministro degli Esteri Di Maio, non ha nessun veto da mettere su un quinto pacchetto di sanzioni alla Russia. Ma altre fonti nella diplomazia europea sentite da Reuters spiegano che Roma va a braccetto con Berlino e non vuol sentir parlare di rinuncia al gas di Mosca.