Austria e Svezia prime della classe con 3/4 dell’elettricità ottenuta dalle rinnovabili
(Rinnovabili.it) – Quanta elettricità rinnovabile consuma l’Europa? Oggi risponde alla domanda Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea, pubblicando i dati ufficiali per il 2021; e mettendo in luce i paesi più virtuosi e quelli meno nella corsa alle green energy.
In termini assoluti, la produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili (fer) è aumentata di quasi il 5% dal 2020 al 2021. Tuttavia, con la fine dei grandi lockdown e la revoca di molte delle restrizioni per il COVID-19, i consumi sono rimbalzanti in alto oscurandone la crescita. Di conseguenza, spiega Eurostat, nel 2021 le fer hanno coperto nel complesso solo lo 0,1% in più della domanda lorda, passando dal 37,4% del 2020 al 37,5% dell’anno successivo. Dati che tuttavia fanno anche immaginare nuovi equilibri per il 2022, quando guerra e conseguente crisi energetica hanno costretto i paesi europei ad adottare piani di contenimento dei consumi elettrici. Ovviamente al netto della grande contrazione idroelettrica dell’anno passato.
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Elettricità rinnovabile: eolico e idroelettrico in testa
Tornando al 2021, l’eolico e l’idroelettrico hanno rappresentato oltre i due terzi dell’energia rinnovabile consumata, rispettivamente con un 37% e un 32%. Segue l’energia solare al 15%, i biocarburanti solidi al 7% e le altre fonti rinnovabili a chiudere il mix. Nel compenso il fotovoltaico si è confermato come la fonte a più rapida crescita. Come semplice termine di paragone, nel 2008 copriva a malapena l’1% dei consumi europei.
Rispetto alla media UE ci sono stati paesi più e meno virtuosi. Tra i primi della classe, l’Austria he nel 2021 ha coperto il 76,2% del suo fabbisogno elettrico con fonti rinnovabili. E la Svezia con un 75,7% dei consumi lordi affidati alle fer. A seguire Danimarca (62,6%), Portogallo (58,4%) e Croazia (53,5%). All’estremo opposto della scala, le quote più basse di elettricità da fonti rinnovabili sono state segnalate a Lussemburgo, Cechia e Cipro (tutte e tre con quote intorno al 14%), Ungheria (13,7%) e Malta (9,7%). E l’Italia? Il Belpaese non si discosta troppo dalla media comunitaria ma si posiziona comunque sotto di almeno due punti percentuali.
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