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Ecorifugio Schiestlhaus, primato in alta quota

 ecorifugio: schiestlhaus, la prima casa passiva in alta quota

 

(Rinnovabili.it) – L’idea era semplicemente accattivante: costruire un ecorifugio in alta quota in grado di sopravvivere alle basse temperature senza l’ausilio di fonti energetiche artificiali. Nel 2005, in Stiria, nasceva la prima casa passiva d’alta montagna, fortemente voluta da un’equipe di giovani architetti che ne ha curato il progetto e l’esecuzione, e dall’Österreichische Touristenklub, il Club Turistico Austriaco che ne ha promosso la realizzazione nell’ambito del programma Haus der Zukunft, letteralmente la casa del futuro, di nome e di fatto.

Schiestlhaus am Hochschwab nasce dalle ceneri del vecchio rifugio Schiestlhaus, una storica costruzione in pietra ormai fatiscente, aggrappata al versante sud del monte Hochschwab, a 2154 m s.l.m.

Ed è proprio la completa esposizione a sud in un territorio incontaminato a far scattare la miccia della ristrutturazione ecosostenibile del vecchio edificio: la nuova baita Schiestlhaus schiera sul versante sud una batteria di pannelli solari e fotovoltaici completamente integrati nelle trame della facciata, in grado di contribuire alla produzione dell’energia elettrica per il 60% del fabbisogno. L’impiego di un involucro completamente ligneo, l’utilizzo di sistemi costruttivi ad altissime prestazioni e  l’introduzione di un impianto di recupero dell’acqua piovana e di depurazione biologica delle acque grigie, fanno il resto: nasce così il primo ecorifugio di montagna completamente ecosostenibile.

ecorifugi: schiestlhaus, la prima casa passiva in alta quotaIl progetto, curato minuziosamente dagli studi degli architetti viennesi Treberspurg & Partner e Pos Architekten, e realizzato sulla base della tesi di laurea della giovanissima Marie Rezac, sfoggia un’ingegnosa concezione degli spazi che si addice perfettamente alle esigenze di una struttura ricettiva di alta montagna, caratterizzata da repentine oscillazioni del numero di persone presenti, mutevoli in base al periodo ed alle condizioni climatiche.

 

Mantenere costantemente riscaldati gli spazi destinati ai 70 posti letto che la struttura è in grado di ospitare, anche in periodi di bassa stagione, non sarebbe energeticamente sostenibile e si tradurrebbe in un enorme spreco di tutta l’energia scrupolosamente attinta dal sole. In modo da garantire sempre la disponibilità di ambienti tiepidi, sfruttando pienamente l’energia solare, l’edificio è stato concepito come l’intersezione di tre zone climatiche differenti, incastonate l’una nell’altra. Nel nucleo centrale, regolarmente riscaldato, sono inclusi tutti gli spazi comuni ed alcune stanze da letto. Un secondo blocco adiacente contiene gli ambienti che vengono riscaldati solo in condizioni di necessità, mentre le ali più esterne sono destinate alle aree di servizio che non hanno bisogno di calore.

In questo modo, la fascia più esterna, adibita alle zone non riscaldate, costituisce una sorta di camera d’aria artificiale tra la zona semi-centrale, non sempre riscaldata, e lo spazio esterno, diminuendo così il gradiente di temperatura tra le due zone e rendendo agevoli le operazioni di riscaldamento del nucleo semi-centrale qualora se ne riscontrasse l’esigenza, complice la vicinanza, dal lato apposto, degli ambienti mantenuti continuamente caldi.

S_4In tutti i locali viene raggiunta una temperatura confortevole tramite le fonti di calore interne, coadiuvate dall’immissione di aria calda temperata dall’impianto di ventilazione. L’acqua, ottenuta mediante la raccolta di acqua piovana (e neve), viene immagazzinata e destinata alle tubazioni di bagni e cucine. La produzione di acqua calda sanitaria sfrutta doppiamente le fonti rinnovabili con le quali viene prodotta: raccolta dall’acqua piovana e riscaldata dal sole, viene mantenuta calda in un serbatoio dotato di recuperatore del calore che contribuisce ad integrare le fonti interne per la produzione di energia termica.

Dall’apparato architettonico, alla scelta dei materiali, alla dotazione impiantistica, Schiestlhaus am Hochschwab si rivela a pieno titolo l’archetipo dell’applicazione di una concezione sostenibile ed ecologica alle costruzioni in condizioni climatiche estreme.

 

Oggi la prima casa passiva di alta quota compie dieci anni e vince a pieni voti la sfida che sottende la sua ideazione. Costruire Schiestlhaus non è stata una scommessa sulla riuscita del funzionamento passivo di un edificio in alta montagna: era già noto, un dato certo scritto nel progetto. Costruire Schiestlhaus è stato un atto politico. Veniva posta la prima pietra su cui fondare un’economia ecologica e sostenibile. L’obiettivo non era dar vita ad un progetto rivoluzionario o realizzare un prototipo, ma trasformare un parallelepipedo di legno, abbarbicato sui monti e illuminato di luce propria, in un modello.

L’ideologia della costruzione ecosostenibile in ambienti sensibili dal punto di vista naturalistico, difficilmente accessibili per le dotazioni impiantistiche artificiali, e ricchi per natura di fonti energetiche alternative, sta vincendo giorno dopo giorno la sua battaglia contro le metodologie costruttive tradizionali altamente inquinanti. In alta montagna, dove è più semplice trasportare una struttura prefabbricata in legno con l’elicottero che eseguire un getto in calcestruzzo, la ristrutturazione secondo i dettami della sostenibilità e delle case passive, viene sempre più spesso presa in considerazione come l’unica strada perseguibile. Sulla scia del successo dell’ecorifugio Schiestlhaus, in Svizzera, in Italia e addirittura nei paesi dove il turismo invernale è una realtà emergente, sono stati realizzati pregevoli eco-rifugi come il  Monte Rosa Hutte, il Rifugio Gervasutti o la bellissima Casa Capriata, recentemente dedicata all’architetto Carlo Mollino.

Schiestlhaus ,il primo edificio passivo realizzato ad alta quota, è stato considerato semplicemente un prototipo, un sogno, una scommessa. Oggi è una traccia.

 

ecorifugi: schiestlhaus, la prima casa passiva in alta quota

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