Nel 2020 in Italia sono stati quasi 35mila i reati ambientali
(Rinnovabili.it) – Sono 95 al giorno, 4 all’ora i reati ambientali in Italia nel 2020: più o meno gli stessi numeri dell’anno prima. L’ecomafia non teme il Covid, anzi regge bene i lockdown. Altri indicatori sono più allarmanti. Crescono arresti e sequestri. C’è un boom di ecoreati nelle regioni del sud a forte presenza mafiosa, ma anche nel Lazio. Aumentano i reati predatori, contro gli animali. Il fatturato annuale supera i 10 mld di euro ed è stabile anche quello legato ai rifiuti nonostante i blocchi delle attività produttive. È la fotografia di un paese ancora profondamente sfregiato e avvelenato dagli ecoreati quella offerta da Legambiente nel dossier “Ecomafia 2021”.
Una fotografia che interroga cosa ci riserva il futuro, quando a breve pioveranno su tutto il paese i fondi e gli investimenti del Pnrr. “Dobbiamo far ripartire il paese diversamente da come ci siamo entrati, in questo disastro”, spiega Stefano Ciafani, presidente di Legambiente. “Si apriranno cantieri in tutta Italia. Decine di migliaia di cantieri” che produrranno rifiuti, implicheranno movimento terra, affitto di mezzi, mobilitazione dell’indotto e quindi appalti. “Contiamo solo sulle forze attuali per i controlli? Vogliamo che la transizione ecologica sia pulita anche nella fedina penale”.
Tutti i numeri dei reati ambientali in Italia
Nel 2020, secondo il rapporto Ecomafia 2021, i reati ambientali nel Belpaese hanno sfiorato quota 35mila: per la precisione 34.867. C’è una sostanziale continuità con il 2019 e questo stupisce. “Ci saremmo aspettati che anche i reati ambientali subissero una flessione, come è successo nel 2020 per tutti i tipi di reati. Non è successo”, introduce Enrico Fontana, responsabile Osservatorio nazionale ambiente e legalità Legambiente. Parlano chiaro i numeri del contrasto: +13% le denunce (oltre 33.500), +15% gli arresti (329), e soprattutto +25% per i sequestri (quasi 11.500). “Sono aumentati arresti e sequestri, anche se sono diminuiti i controlli a causa del Covid”, sottolinea Fontana.
La fetta maggiore di reati ambientali sono legati ancora al ciclo del cemento (il 33% del totale) seguiti dai rifiuti (24%). “Crescono però soprattutto i reati di natura predatoria, quelli contro la fauna e il patrimonio boschivo”, aggiunge Fontana: rispettivamente arrivano al 24% e al 12%.
Se mettiamo i reati del rapporto Ecomafia 2021 sulla mappa dell’Italia vediamo quanto “l’infiltrazione della criminalità organizzata nei reati ambientali sia determinante”, nota il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho. In cima alla lista si conferma la Campania (5.457 reati ambientali, il 15,7% del totale nazionale), seguita da Sicilia (4.245, 12,2%) e Puglia (3.734, 10,7%). Tutte regioni con una presenza mafiosa consolidata. Ma irrompe al 4° posto il Lazio che con 3.082 ecoreati (8,8%) supera la Calabria (2.826, 8,1%).
Le 4 regioni del sud da sole totalizzano ancora metà (46,6%) dei reati ambientali della penisola. Qui sono più di 12 mld di euro gli investimenti da considerare a rischio. “Emerge con chiarezza che il primato negli ecoreati è delle regioni dove sono radicate le mafie”, continua Cafiero De Raho. Quindi va cambiato approccio anche nel contrasto: “Non è più sufficiente contrastare il singolo reato: soprattutto quelli ambientali non sono commessi dal singolo, nascono dentro precisi programmi criminali”, aggiunge il procuratore.
Anche perché le mafie si sostengono l’un l’altra, con società legate a una mafia che “riescono a prendere appalti in territori dove sono attive organizzazioni mafiose diverse. In Calabria ad esempio hanno vinto attività legate a Cosa Nostra. Quasi come se ci si fosse un reciproco patto di supporto per occupare i territori”, conclude Cafiero De Raho.
Ecomafia 2021, dal cemento ai rifiuti
Gli illeciti legati al ciclo del cemento arrivano quasi a 11.400: leggera flessione sul 2019 (-0,8%), ma crescono del 23% i denunciati. Anche in questo ambito le 4 regioni a presenza mafiosa più consolidata raccolgono quasi la metà dei reati ambientali contestati. In testa la Sicilia con 1.650 reati accertati, il 14,5% del totale, mentre Napoli è la prima delle città capoluogo.
In poco meno di 2.000 Comuni italiani che hanno risposto alle sollecitazioni di Legambiente, sono più di 57mila le ordinanze di demolizione e opere abusive emesse, ma solo 1/3 sono state eseguite. Con un gap enorme tra nord e sud Italia: in Calabria quelle eseguite sono l’11%, in Puglia appena il 4%.
C’è più nord invece sul fronte dei rifiuti, visto che anche la Lombardia emerge tra le 4 regioni più coinvolte nei traffici illeciti a fianco di Campania, Lazio e Puglia. Il fatturato dei reati ambientali nel ciclo dei rifiuti resta stabile, a 2,9 mld (erano 3 mld nel 2019) nonostante il calo produttivo causa Covid. “Anche questo ci ha stupito”, commenta Fontana. “Il Lazio non scende nei reati nel ciclo dei rifiuti, specie in provincia di Roma. Nemmeno la Campania, dove sono aumentati. Ci sono i lockdown, chiudono le attività, si producono meno rifiuti e quindi ci aspetteremmo meno illeciti. Non è successo”. E il ritmo nel 2021 non cala: 27 le inchieste del 2020, già 23 quelle nei primi 9 mesi di quest’anno.
Sul fronte degli incendi i reati ambientali contestati sono 4.233 nel 2020 (+8%), ma cresce di ben il 18% l’area colpita dai roghi (62mila ettari). Nel 2021 il vero boom: 150mila ettari in fiamme. “L’incendio tende a eliminare gli ostacoli alla costruzione di strutture, edifici, ville. Quindi è un tema legato ad altri tipi di ecoreati”, puntualizza il procuratore nazionale antimafia. Sono invece quasi 8.200 i reati accertati contro la fauna, più o meno 1 all’ora. (lm)