Requisiti deboli, che non vanno molto oltre lo status quo. Piani nazionali poco esigenti. Troppa burocrazia. Un bilancio del 1° anno delle misure ambientali della nuova PAC
![Eco-schemi PAC: decine di miliardi di euro sprecati, accusa ong](https://www.rinnovabili.it/wp-content/uploads/2025/02/eco-schemi-pac-1.jpg)
Miliardi di euro sprecati o destinati a misure che non aiutano l’ambiente. Mentre resta minima la quota di fondi che hanno supportato attività efficaci. E’ il magro, magrissimo “raccolto” del 1° anno di eco-schemi della PAC, la politica agricola comune dell’Unione Europea.
In base alla riforma, in vigore dal 2023, il 25% dei pagamenti diretti alle aziende agricole è vincolato a requisiti che ne dovrebbero assicurare l’utilità per ecosistemi, biodiversità, lotta all’inquinamento. Ma nella pratica questo denaro scivola via per ben altri rivoli, denuncia l’associazione BirdLife in un rapporto appena pubblicato.
Cosa non sta funzionando negli eco-schemi PAC
Secondo la Commissione UE, oggi il 70% dei terreni agricoli europei è coperto da eco-schemi. Ed è vero. I problemi iniziano appena si va a curiosare dietro questo numero.
Gli eco-schemi applicati sono perlopiù a basso, se non nullo, valore aggiunto per l’ambiente. BirdLife lavora su dati raccolti in 12 dei 27 paesi UE e stima che circa il 25% del denaro mobilitato dagli eco-schemi PAC sovvenzioni attività senza alcun beneficio ambientale. Parliamo di oltre 48 miliardi di euro.
Questo succede perché c’è un difetto strutturale. Ciascun paese decide come regolare l’accesso agli eco-schemi. La flessibilità garantita è molta. Mentre a latitare sono meccanismi che spingano gli agricoltori e gli allevatori a scegliere le misure più efficaci e ambiziose. Risultato? La maggior parte opta per le misure più blande.
Un esempio? Il sistema a punti dell’Olanda. Per rispettare i requisiti e ottenere i fondi UE, gli agricoltori possono scegliere da un elenco di misure che valgono un ammontare di punti. Con l’unico vincolo di raggiungere un certo numero di punti in 5 obiettivi settoriali. Ma il sistema è costruito in modo che basta scegliere le misure meno ambiziose per rientrare nei parametri.
Questo succede un po’ ovunque, non solo in Olanda. In Polonia, ad esempio, l’opzione (poco incisiva) della gestione dei nutrienti ha raccolto un’adesione altissima. Mentre quelle più efficaci per tutelare la diversità sono molto meno gettonate: coprono meno del 17% della superficie totale in Germania.
Non è tutto. Gli eco-schemi della PAC hanno dimostrato di avere altre pecche. Pagamenti troppo bassi per le misure più ambiziose, ad esempio. Il che le rende poco attraenti per gli agricoltori. Troppa burocrazia, che penalizza le aziende più piccole. Manca una valutazione sistematica dell’efficacia degli eco-schemi, rendendo difficile il miglioramento delle politiche. Per non parlare dell’ondata di semplificazioni alla PAC accordata da Bruxelles anche per il 2024.
PAC, gli eco-schemi finanziati in Italia sono efficaci?
L’Italia non esce molto dal seminato. Anche il Belpaese sta sprecando l’occasione di rendere più sostenibile il suo comparto agricolo, sostiene BirdLife. E anche per lo Stivale, i problemi sono riassumibili nella scelta degli schemi meno impegnativi.
Quello più finanziato è l’eco-schema per il benessere animale. È attuato dal 97% delle aziende, ma ha un impatto limitato sul miglioramento delle pratiche zootecniche. Perché il requisito di accesso a questo eco-schema è, semplicemente, di garantire una riduzione del 20% dell’uso di antibiotici.
Oppure, c’è il caso della coltivazione estensiva di foraggi con rotazione. Rispetto alle attese del ministero, la sua applicazione è stata più ampia del 222%. Perché ha così successo? Semplice, perché molte aziende la praticavano già prima. E possono continuare a farlo, ma facendosi pagare dall’Europa. Per aumentare l’efficacia, suggerisce il rapporto, sarebbe utile integrare altre pratiche, come la copertura invernale e il sovescio.