La traiettoria della domanda globale Gnl è incompatibile con 1,5°C
(Rinnovabili.it) – Da qui al 2040 la domanda globale di Gnl crescerà del 50%, trainata soprattutto dai mercati asiatici. E raggiungerà il picco durante quel decennio. Una crescita, quella dettata dalla Cina e da altre economie del continente, che compenserà totalmente le riduzioni previste per Europa e Nord America. Lo afferma l’LNG Outlook 2024 di Shell pubblicato ieri.
Una curva, quella prevista dalla major, incompatibile con il rispetto degli obiettivi 2030 per mantenere il riscaldamento globale sotto quota 1,5 gradi. Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, con le politiche attuali la domanda globale di carbone, petrolio e gas raggiungerà il massimo entro il 2030 per poi calare, ma questa traiettoria è ben distante da quella necessaria per rispettare l’obiettivo più ambizioso dell’Accordo di Parigi.
Come cambierà la domanda globale Gnl al 2040?
Secondo le previsioni del rapporto, la domanda globale di Gnl aumenterà fino a toccare le 625-685 milioni di tonnellate l’anno nel 2040. Oggi i volumi di gas naturale liquido si attestano intorno alle 400 mln t. Il nuovo Outlook corregge al ribasso i numeri: l’anno scorso il picco era previsto sulle 700 mln t. Anche se riconosce la crescita dell’importanza del Gnl a causa soprattutto della guerra in Ucraina, che continuerà a far sentire le sue ripercussioni nel lungo termine.
Ma il fattore dominante per il trend previsto è la Cina. Pechino l’anno scorso ha superato il Giappone ed è ormai il maggior importatore al mondo di gas naturale liquefatto. I suoi volumi di import continueranno a crescere per accompagnare il progressivo sganciamento dell’economia cinese dal carbone.
Volumi crescenti, quelli del mercato Gnl globale, che però lo manterranno “nervoso”. “Sebbene le cose siano relativamente equilibrate e sembrino relativamente confortevoli oggi, il mercato è ancora piuttosto fragile. Abbiamo un mercato strutturalmente ristretto che è stato bilanciato dalla debolezza del mercato a breve termine per cui vediamo che la fragilità e la volatilità continuano”, Steve Hill, vice-presidente esecutivo di Shell.