Rinnovabili • decreto recovery Rinnovabili • decreto recovery

Dl Recovery, una freccia spuntata nell’arco della conversione ecologica

Il decreto su semplificazioni e governance del PNRR - ora nella fase di discussione parlamentare - ha ancora bisogno di mirate modifiche per trasformarsi in un vero strumento di facilitazione per le rinnovabili italiane

decreto recovery
Foto di Gerd Altmann da Pixabay

di Rossella Muroni

(Rinnovabili.it) – Per l’Italia il Pnrr dovrebbe significare innanzitutto spingere l’acceleratore sulla transizione energetica, quindi facilitare la vita al settore delle rinnovabili per passare dall’energia fossile a una rete diffusa di generazione energetica pulita. Perché senza questo salto di scala non sarà possibile decarbonizzare l’economia.

L’ambizione condivisibile di avere tempi certi per pareri e autorizzazioni e di alleggerire gli adempimenti burocratici, però, va necessariamente accompagnata da tempi congrui per gli iter, da un rafforzamento del personale delle Pa e da un analogo potenziamento dei controlli ambientali. Temi, questi ultimi, che il decreto sulla governance del Pnrr e le semplificazioni non affronta. Anzi, avendo ben chiari obiettivi e criticità citati, il decreto appare una freccia spuntata all’arco della conversione ecologica.

Perché vorrebbe facilitare gli iter, ma senza le risorse umane e materiali che servirebbero alle pubbliche amministrazioni per andare più veloci. E poi perché non sceglie la via di rendere chiare, semplici e veloci le procedure ordinarie, ma sposa piuttosto il cosiddetto modello Genova e sembra pensato più per alcune pesanti opere del Pnrr che per la transizione energetica. Inoltre arriva dopo altri decreti semplificazioni e non può che proporre l’ennesimo intervento parziale in materia, che rischia di creare più confusione che altro. È il caso ad esempio dei bonus edilizi. Il decreto si concentra sul superbonus, ma ignora i diversi incentivi per la riqualificazione energetica e statica. Soprattutto il cosiddetto decreto Recovery non facilita dove servirebbe: ossia sulle rinnovabili.

Per capire l’urgenza della situazione ricordo quanto dichiarato dal Coordinamento Free in audizione alle Commissioni Affari Costituzionali e Ambiente della Camera: tra il 2021 e il 2030 saranno necessari 7,5 GW all’anno di nuove rinnovabili in Italia, mentre ora riusciamo ad installarne appena 0,8 l’anno. Colpa di procedure autorizzative che in media durano nel nostro paese sei anni. Un tempo biblico per chi vuole investire, per i tempi con cui si evolvono le tecnologie e per il Pianeta.  

Come se non bastasse il provvedimento rispolvera alcune pericolose pratiche della Legge Obiettivo, dall’incremento della trattativa privata all’appalto integrato, senza risolvere la questione centrale della qualità delle stazioni appaltanti e limitando al massimo il dibattito pubblico.

Contribuire a risolvere alcune di queste criticità è lo scopo di alcuni emendamenti a mia prima firma. 

Una prima proposta, sottoscritta come le altre anche dai colleghi Cecconi, Fioramonti, Fusacchia e Lombardo di FacciamoECO, elimina la clausola di invarianza finanziaria dalla legge che ha riformato l’Ispra e le Arpa, così da garantire risorse umane e fondi adeguati ai controlli ambientali. Grazie ai proventi delle sanzioni previste per gli ecoreati che non hanno causato danno o pericolo di danno ambientale, l’emendamento introduce poi un finanziamento per la realizzazione in tutto il Paese dei Livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali.

Per le rinnovabili noi di FacciamoECO proponiamo l’installazione semplificata di pannelli solari anche nei centri e nuclei storici, purché su edifici non vincolati e a condizione che i pannelli non siano visibili dall’esterno, alcune facilitazioni per gli impianti eolici e che le semplificazioni introdotte per la realizzazione di impianti fotovoltaici in zone a destinazione industriale, produttiva o commerciale valgano anche oltre il limite dei 10 MW. 

Sempre per l’energia pulita un altro emendamento a mia prima firma definisce criteri progettuali e di tutela per gli impianti di agrivoltaico, stabilendo per quelli entro un MW la procedura abilitativa semplificata e per quelli di potenza superiore procedura di autorizzazione unica. Parliamo di impianti che consentono la coesistenza tra produzione elettrica da pannelli solari posti a una adeguata altezza da terra e produzione agricola sottostante, per questo si prevede che possano beneficiare di incentivi.
Chiediamo poi di facilitare l’accesso sia al superbonus, che a tutti gli altri bonus per la riqualificazione energetica e antisismica, e di mettere ordine tra le varie detrazioni fiscali per il recupero edilizio con una cabina di regia ad hoc che coinvolga i diversi enti competenti in materia. Per l’economia circolare, un settore strategico per costruire l’economia decarbonizzata del futuro, propongo misure per rendere più spedito l’iter per arrivare ai decreti end of waste. Un intervento necessario visto che oggi servono almeno cinque anni. 

Per far partire e procedere senza difficoltà i cantieri del Recovery, infine, serve allargare il ricorso a dibattito e inchiesta pubblici ed è quanto prevedo con un altro emendamento che abbassa le soglie di spesa per le quali è previsto il dibattito ed estende la possibilità di richiedere l’inchiesta pubblica anche al proponente dell’opera e ai consigli comunali. Perché l’antidoto più efficace che abbiamo per non morire di Nimby è la partecipazione.

di Rossella Muroni, vicepresidente della Commissione Ambiente della Camera