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Dl Materie Prime Critiche, ok della Camera: gli emendamenti

Pochi e non sostanziali gli emendamenti approvati in prima lettura alla Camera dopo il passaggio nelle commissioni. Il più significativo è l’ampliamento del monitoraggio dell’export di rottami ferrosi anche a rame, zinco, alluminio. Le opposizioni: testo debole, dimentica tutto il tema del riciclo

Dl Materie Prime Critiche: ok della Camera
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Il dl Materie Prime Critiche è stato approvato con 152 voti favorevoli, 70 contrari e 11 astenuti

Il 30 luglio, la Camera ha approvato in 1° lettura il ddl di conversione in legge del decreto sulle materie prime critiche di interesse strategico presentato dal governo a fine giugno. Il testo è passato con 152 voti favorevoli, 70 contrari e 11 astenuti. E ben pochi emendamenti. Quelli in aula sono stati appena 2 e non sostanziali. E anche nei passaggi in commissione, il dl Materie Prime Critiche ha subito ben poche modifiche.

Cosa prevede il decreto sulle materie prime critiche

I punti chiave del decreto, che allinea l’Italia ai dettami del Critical Raw Materials Act europeo, restano gli stessi della prima versione:

  • snellimento delle procedure autorizzative (con esenzione dalla VIA in molti casi)
  • creazione di un unico punto di contatto nazionale per tutte le istanze
  • sblocco del Fondo nazionale per il Made in Italy
  • creazione di un Comitato tecnico per le materie prime critiche e strategiche con compiti di monitoraggio economico, tecnico e strategico delle catene di approvvigionamento, e di coordinamento
  • introduzione di royalties al 5-7% e loro ripartizione tra Stato e territori

Gli emendamenti al dl Materie Prime Critiche

In questa prima tranche di passaggi parlamentari, il dl Materie Prime Critiche è stato modificato su pochi aspetti che non modificano in modo significativo l’impianto e la portata della norma.

Nello specifico, gli emendamenti prevedono:

  • la cancellazione dell’obbligo di VIA per i permessi di ricerca tramite campionamento e analisi del contenuto minerale di fluidi geotermici in pozzi e perforazioni esistenti, tramite utilizzo delle migliori tecniche disponibili;
  • l’ampliamento del monitoraggio dell’export di rottami ferrosi anche a rame, zinco, alluminio (codici 7204, 7404, 7602 e 7902);
  • l’estensione delle procedure semplificate anche a materie prime non comprese nell’elenco UE, se “necessarie alle filiere produttive del made in Italy”. L’iter prevede che la proposta sia formulata dal Comitato tecnico istituito dal dl e sia presentata al CITE, il quale può “individuare progetti minerari di interesse strategico nazionale” cui applicare lo snellimento procedurale. Tra i criteri da usare per definire la strategicità di questi progetti minerari si cita “l’effettiva sussistenza di un fabbisogno nazionale della materia prima”, la rilevanza della materia prima con “filiere strategiche del made in Italy”, delle esigenze di raffinazione e trasformazione domestiche di tale materia prima;
  • il rafforzamento della capacità amministrativa del MASE con 20 unità aggiuntive.

Le critiche al decreto

Uno degli aspetti critici più sottolineati da opposizioni e filiera è l’eccessiva timidezza delle disposizioni sul riciclo.

“Manca tutto l’aspetto importante, fondamentale per il nostro Paese, che attiene al riciclo dei materiali e che, invece, nel regolamento europeo veniva indirizzato. È clamorosa questa assenza: entro il 2030, il 25 per cento del fabbisogno annuo deve venire da lì. È probabilmente la miniera più grossa che noi abbiamo”, rimarcava il deputato di Italia Viva Mauro Del Barba in aula.

Poca tutela dei territori, delle loro istanze e della capacità di farsi trovare preparati alla riapertura delle miniere in Italia: è questa la criticità principale rilevata da Alleanza Verdi-Sinistra. “Non è stato in alcun modo previsto un maggior coinvolgimento della regione all’interno dei procedimenti amministrativi, che saranno centralizzati sui due Ministeri dell’Ambiente e del made in Italy, senza poter intervenire in alcun modo su opere che verranno dichiarate di pubblica utilità, e che, quindi, manderanno in deroga qualunque strumento di pianificazione e di programmazione dei territori”, afferma la deputata Francesca Ghiarra, che ha ricordato anche la pericolosità di dare luce verde ad attività di ricerca e prospezione in aree marine.

Azione sottolinea l’assenza di misure sul fine vita dei siti estrattivi e il ruolo “marginale” riservato al capitolo del riciclo, mentre il Pd lamenta che nel testo “di riciclaggio, ricerca e innovazione non si trova traccia”, specialmente sul fronte del riciclo RAEE.

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About Author / Lorenzo Marinone

Scrive per Rinnovabili.it dal 2016 ed è responsabile della sezione Clima & Ambiente. Si occupa in particolare di politiche per la transizione ecologica a livello nazionale, europeo e internazionale e di scienza del clima. Segue anche i temi legati allo sviluppo della mobilità sostenibile. In precedenza si è occupato di questi temi anche per altri siti online e riviste italiane.