Il dl Ambiente, alias dl n. 153/2024 Tutela ambientale (e tante altre cose) con 93 voti favorevoli, 59 contrari e nessuna astensione ha superato nell’Aula del Senato l’esame della fiducia al Governo, approvato nel testo proposto dalla commissione Ambiente il ddl n. 1272 di conversione.
Il testo ora passa alla Camera, dove sempre con tempi stretti, visto l’affollamento di fine anno dei provvedimenti in Parlamento – per tacer della Manovra – ci sarà un’altra fiducia. “La fiducia la mettiamo domani, venerdì 6 dicembre, e martedì si vota”, conferma Luca Ciriani, ministro per i Rapporti con il Parlamento lasciando Palazzo Madama dopo il voto. Insomma, il decreto sul quale qualcuno dubitava sarebbe stata messa la fiducia, nonostante le decisioni della Capigruppo e gli stenografici del Senato, alla fine ne avrà due.
Un decreto che, nella varietà di interventi che contiene – dei quali si dà dettaglio in altro articolo su Rinnovabili.it – è un pezzo della modifica del TU Ambiente, il 152/2006, al quale altri si aggiungeranno.
“Finalmente abbiamo approvato quello che è il primo testo, il primo mattone, non è quello definitivo, ma se aspettiamo di avere un Testo Unico non ce la faremo, non avremo mai un ‘152 bis’”, spiega Simona Petrucci, senatrice Fratelli d’Italia, una dei tre relatori al dl. “Pian piano andiamo a capire quali sono le criticità e a lavorarci, in corso d’opera ci rendiamo conto di quel che va fatto e che va modificato”, prosegue. “Interventi che tengono conto della realtà, un approccio realistico prima che pragmatico, come mi piace dire, che tenga conto delle realtà che abbiamo in Italia”, prosegue Petrucci. “La nostra idea è ben precisa, andare verso una transizione ecologica senza quell’integralismo che ha causato ad oggi un allontanamento” dai target ambientali, tenendo conto che “una dei pochi leader presenti alla COP29, che ha ben chiaro quale è la politica ambientale, è Giorgia Meloni”, ricorda l’esponente FdI.
Ciò detto, “quello che abbiamo approvato oggi sono piccoli tasselli che vanno a colmare le lacune di una norma bellissima, il Testo Unico dell’Ambiente, oggi però non più attuabile per alcuni aspetti, perché l’Italia oggi non è quella del 1999, quando ci fu il primo testo, né quella del 2006”, spiega la senatrice.
Oltre a intervenire sul TUA il dl Ambiente “ha un’essenza propria, con nuove realtà”, ma è anche il primo decreto di una serie che va a modificare il TUA? “Certamente, anche perché strada facendo ci rendiamo conto di come evolve la situazione ambientale, ma soprattutto economica”, precisa Petrucci. “Sono sempre dell’idea che l’ambiente vada tutelato, ma che l’ambiente deve vivere insieme all’uomo e viceversa, non dobbiamo mettere l’ambiente prima dell’uomo o il contrario”, dettaglia la senatrice, “l’ambiente non deve far chiudere l’attività umana”.
Con norme come il PiTESAI (Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee, ndr) “decaduto, e con altre norme previste dai precedenti governi, si rischiava di mettere al centro solo l’ambiente, contornato dal deserto umano”, valuta ancora la senatrice. Anche nel caso specifico delle trivelle, che possono avvicinarsi sempre più alle coste (stop ai nuovi progetti di estrazione di petrolio, ma limite di distanza dalla costa per l’estrazione di gas abbassato da 12 a 9 miglia) ciò deve avvenire “sempre con la massima sicurezza e con determinanti, precisi, criteri: non conta quanto distante o vicino alle coste, conta come viene realizzata l’opera, il criterio di sicurezza che deve essere applicato in ogni azione che mettiamo in atto”, conclude Petrucci.
Un provvedimento che nel suo passaggio al Senato è stato segnato dalla querelle attorno al famigerato emendamento 3.22 che apriva ai privati l’affidamento del servizio idrico. Un tema che anche all’interno della maggioranza qualche complicazione l’ha portata. Almeno secondo quel che emerge dalle parole del firmatario della proposta di modifica, Adriano Paroli, senatore di Forza Italia, intervenuto in sede di dichiarazione di voto. “L’acqua è e rimarrà pubblica e ci mancherebbe che qualcuno lo mettesse in discussione; ma la gestione deve essere aperta ai privati”, taglia corto Paroli. “Le dispersioni idriche nelle reti dei Paesi ad alto reddito si aggirano intorno al 10-20%; in Italia il dato è del 40%: due quinti dell’acqua immessa nella rete finiscono nel terreno, si disperdono”, ha ricordato, l’Istat “ha pubblicato i dati sullo stato della rete idrica, confermando questo trend: in Italia la dispersione è pari al 42,4% e in alcune Regioni del Sud purtroppo la dispersione arriva al 70%. Continuiamo così?”.
Insomma, senza privati non si risana la rete idrica e gli acquedotti restano colabrodo. Il tema è caro alla maggioranza al punto che l’emendamento è stato ritirato, ma tornerà in Finanziaria. “Facciamo un approfondimento tecnico con il ministro Pichetto e tutti gli interessati. Verifichiamo se è possibile, previa verifica della condivisione politica e tecnica, trasferirlo eventualmente come emendamento in Finanziaria”, ha precisato al termine dei lavori nella commissione Ambiente Luca Ciriani, ministro per i Rapporti con il Parlamento. Ci sarà “un supplemento di approfondimento, è una questione molto delicata e complessa e merita un supplemento di indagine”, ha precisato Ciriani. Una volta approfondita la questione “alla luce di questa verifica vediamo se si può trasformare in emendamento o del governo o del relatore” alla Manovra, con una corsia preferenziale dunque. Per Paroli, però, c’è “un richiamo che voglio fare alla mia maggioranza, alla maggioranza in cui credo, con la quale credo si debbano affrontare ancora molti temi”.
Oggi i provvedimenti corrono, il Parlamento lavora quasi esclusivamente alla conversione di decreti, fatta nel modo più veloce possibile due letture obbligatorie e via. Però “nel passato, anche recente, la terza lettura era normale. Spesso si riusciva a fare anche la quarta lettura, molto tranquillamente, senza che ci fossero grandi problemi. Cosa è cambiato? Io me lo chiedo cosa sia cambiato. Qualcosa non sta funzionando”, rileva il senatore FI.
In effetti il governo Meloni sta rapidamente scalando la classifica dei governi con il maggior numero di decretazioni d’urgenza e fiducie, e di questo passo si avvierà ad occuparne il gradino più alto. Ma non finisce qui. “Non posso non fare un rimprovero”, dice Paroli, “chi del Governo viene in commissione e si assume la responsabilità del rapporto tra Governo e commissione e, quindi, con il Parlamento, ha delle responsabilità, nel senso di dover rispondere su ciò che è accaduto e su ciò che accade. Forza Italia aveva presentato 135 emendamenti, su un totale di 539. Erano troppi e ci è stato chiesto di ridurli. Li abbiamo ridotti, ci abbiamo lavorato e i 135 emendamenti sono diventati, segnalati, 47. Questo il 20 novembre: possiamo accettare che il 3 dicembre su questi emendamenti non ci sia ancora un parere del MEF e ci ritroviamo a non poterli discutere?”.
Applausi del suo gruppo nell’emiciclo. “Con responsabilità li ritiriamo, ma questa cosa non può continuare”, stigmatizza Paroli. Il dicastero di via XX settembre vien però prontamente difeso, se ne occupa Vannia Gava, viceministro all’Ambiente e alla Sicurezza energetica, che ha seguito i lavori del provvedimento. “Desidero ringraziare tutti coloro che hanno contribuito all’approvazione del dl Ambiente, un provvedimento di cruciale importanza per il futuro sostenibile del nostro Paese”, fa sapere. E aggiunge: “Un riconoscimento particolare anche al MEF e alla Ragioneria Generale dello Stato: in un momento in cui la mole di lavoro è straordinaria, con numerosi decreti da gestire, il ministero delle Finanze ha dimostrato grande capacità operativa, a riprova della vitalità e produttività sua e dell’intero governo. Grazie a questo sforzo collettivo, oggi possiamo celebrare un altro passo avanti per il bene del Paese”. Insomma, tutto bene, fino alla prossima puntata.