In 1 anno, grazie a 96 canali, Youtube ha guadagnato 13,5 mln $ dalla disinformazione sul clima
(Rinnovabili.it) – Ogni volta che andiamo su Youtube siamo sommersi da uno “tsunami di disinformazione” creata per ritardare l’azione contro la crisi climatica. Diversa da quella anche solo pochi anni fa. Più sottile e presentabile, se così si può dire. Chi nega il climate change, oggi, non si scaglia contro la sua esistenza. Ma attacca la scienza e gli scienziati del clima. E cerca di smontare la fiducia nelle soluzioni che abbiamo a disposizione. Anche facendo leva sui nostri bias cognitivi. Questa nuova frontiera della disinformazione sul clima, oggi, rappresenta il 70% di tutto il negazionismo climatico che circola sulla piattaforma di condivisione video. Il doppio rispetto a 6 anni fa.
Lo ha calcolato il Center for Countering Digital Hate analizzando con il supporto dell’intelligenza artificiale le trascrizioni di 4.458 ore di video, pubblicati da 96 canali dal 2018 a oggi. E visti da 325 milioni di persone in tutto il mondo.
“Nel 2018, affermazioni apertamente negazioniste come “il tempo è freddo” e “stiamo andando verso un’era glaciale” erano popolari tra i negazionisti del clima”, spiegano gli autori, “ma con l’aumento delle temperature e delle prove del riscaldamento globale, quelle narrazioni non sono più così efficaci”. Questo tipo di disinformazione sul clima, su Youtube, è crollato dal 65% del 2018 al 30% del 2023.
Cosa dice la nuova disinformazione sul clima?
Quella nuova fa leva su altri argomenti. Il rapporto del CCDH ne isola tre principali: gli impatti del riscaldamento globale sono benefici o innocui, le soluzioni climatiche non funzioneranno, la scienza del clima e il movimento per il clima sono inaffidabili.
Motivati, spesso, con argomentazioni pseudo-scientifiche, che però sembrano parlare il linguaggio della scienza. Ad esempio: chi nega gli impatti negativi della crisi climatica sostiene spesso che il sistema climatico terrestre sia poco sensibile alle variazioni di concentrazione di gas serra in atmosfera (non è vero: è invece uno dei fattori più rilevanti) o che si stanno innescando meccanismi di feedback negativo che riducono il riscaldamento globale (non c’è alcuna evidenza in proposito). O ancora: le rinnovabili consumano tantissimo suolo e distruggeranno economia e ambiente (in realtà, occuperebbero lo stesso spazio delle infrastrutture fossili).
Nel frattempo, la stessa Youtube fa profitti grazie alla proliferazione della disinformazione sul clima. Solo da questi 96 canali, che negli ultimi 12 mesi (dicembre 2022-dicembre 2023) hanno totalizzato quasi 3,4 miliardi di visite, l’azienda ha ricavato circa 13,5 milioni di dollari grazie agli ads. La punta dell’iceberg nel mare magnum della disinformazione sul clima online. Che prolifera anche perché le piattaforme, e Google (che controlla YT) è tra queste, non ha ancora aggiornato le sue policy per riconoscere come disinformazione i nuovi argomenti usati oggi dai negazionisti.
“La nostra policy sul cambiamento climatico impedisce di pubblicare annunci su contenuti che contraddicono il parere scientifico ampiamente consolidato sull’esistenza e sulle cause del cambiamento climatico. Sono consentiti dibattiti o discussioni sui temi del cambiamento climatico, incluse quelle riguardanti le policy pubbliche o la ricerca. Tuttavia, quando il contenuto sconfina nella negazione del cambiamento climatico, smettiamo di riprodurre gli annunci su quei video. Inoltre, mostriamo pannelli informativi sotto i video pertinenti con l’obiettivo di fornire ulteriori informazioni sul cambiamento climatico e sul contesto da parte di terzi”, commenta un portavoce di Youtube.