Rinnovabili • Disinformazione climatica: FB non fa neppure “il minimo indispensabile” per arginarla

Facebook non vede metà dei post che diffondono disinformazione climatica

Le contromisure annunciate dall’azienda di Zuckerberg lo scorso maggio non stanno funzionando. Solo metà dei post che condividono tesi negazioniste e alimentano disinformazione e cattiva informazione sono etichettati come tali

Disinformazione climatica: FB non fa neppure “il minimo indispensabile” per arginarla
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Piattaforme social all’anno zero sulla disinformazione climatica

(Rinnovabili.it) – I produttori di disinformazione climatica più prolifici al mondo continuano a postare indisturbati su Facebook. Anche se l’azienda di Mark Zuckerberg aveva promesso – già un anno fa – che avrebbe preso contromisure adeguate. I sonnecchiosi controllori di Meta si sono lasciati scappare contenuti con posizioni negazioniste, tentativi di agganciare clima e cospirazioni sul Covid-19, articoli che danno la colpa a “la sinistra” per “l’allarmismo” sul cambiamento climatico.

FB e la disinformazione climatica

Quanto sono sonnecchiosi, gli addetti al monitoraggio della disinformazione climatica? Secondo un’analisi pubblicata ieri dal Center for Countering Digital Hate (CCDH), si farebbero scappare più della metà dei contenuti che contengono informazioni fuorvianti, prive di contesto o palesemente false. Post che Facebook già a maggio 2021 aveva promesso di segnalare come fonte di disinformazione, applicando un’etichetta specifica.

Il meccanismo è in funzione, ma non riesce a vedere tutto quello che dovrebbe. I ricercatori del CCDH hanno usato un tool per l’analisi dei social media, NewsWhip, per valutare 184 articoli che propagandano posizioni negazioniste.

Le fonti? I “disinformation superspreaders”, i maggiori produttori di disinformazione climatica al mondo, che erano stati identificati in un rapporto precedente. Tra questi, la testata online americana di estrema destra Breitbart (dell’ex consigliere di Trump, Steve Bannon), Federalist Papers, Daily Wire e alcuni organi di stampa statali della Russia.

Su questa base di articoli, il CCDH ha usato un tool messo a disposizione da FB, CrowdTangle, per individuare, per ciascuno di questi contenuti, il post pubblico che in assoluto ha ricevuto più interazioni tra commenti, like e condivisioni.

Su 184 post ben 93 – cioè il 50,5% – non avevano alcuna etichetta che li bollasse come fonte di disinformazione sul clima. Nel complesso, questo centinaio di post ha raccolto più di mezzo milione di interazioni.

Per Imran Ahmed del CCDH, Facebook non sta facendo “nemmeno il minimo indispensabile” per affrontare la diffusione di informazioni false o fuorvianti sul clima. Ma così “Meta sta esacerbando la crisi climatica”. Il negazionismo climatico, conclude Ahmed, è “progettato per fratturare la nostra determinazione e impedire un’azione significativa per mitigare il cambiamento climatico” e “scorre senza sosta su Facebook e Instagram”.

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