Il rapporto Forest Trends 2021 aggiorna i dati del 2014 e mostra un peggioramento netto. Il 60% della perdita di foreste tropicali è causata dall'agricoltura commerciale, tra il 2013 e il 2019. E il 69% di questa conversione agricola è stata condotta in violazione delle leggi e dei regolamenti nazionali
Se il disboscamento illegale fosse uno Stato, le sue emissioni di CO2 lo metterebbero al 3° posto dopo Cina e Stati Uniti
(Rinnovabili.it) – C’è un enorme cerchio rosso sul Brasile, sulla cartina che illustra il rapporto Forest Trends 2021. Anche gli altri paesi che si trovano nella fascia tropicale hanno i loro puntini, ma sono tutti decisamente più piccoli. Il grafico parla del dato più importante contenuto in questo dossier sul disboscamento illegale. Il Brasile insieme a Congo e Indonesia pesa per oltre il 50% del logging globale. La deforestazione causata dall’agribusiness è il driver principale della perdita di foreste tropicali nel paese sudamericano, e il 95% del logging negli ultimi 7 anni è avvenuto contro tutte le leggi e i regolamenti ufficiali. Tre quarti dei prodotti coltivati su queste terre è destinato al consumo interno ma il 25% è finito sui mercati internazionali, inclusi quelli Europei.
Quello del Brasile è il caso più estremo, ma la situazione fotografata accomuna tutte le foreste tropicali. E il trend è in netto peggioramento. Quasi la metà di tutta la deforestazione tropicale tra il 2000 e il 2012, rilevava l’edizione 2014 del rapporto, viene dalla conversione illegale di terreni forestali per l’agricoltura commerciale, e metà della produzione di questa conversione agricola era destinata ai mercati di esportazione.
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Oggi le cose vanno decisamente peggio. Quasi due terzi (60%) della perdita di foreste tropicali è causata dall’agricoltura commerciale, tra il 2013 e il 2019. E quasi tre quarti (69%) di questa conversione agricola è stata condotta in violazione delle leggi e dei regolamenti nazionali. Il confronto è impietoso e fa emergere un’accelerazione: il tasso di disboscamento illegale durante questo periodo è aumentato del 28% rispetto al 2000-2012. Siamo passati da 3,5 milioni di ettari (Mha) all’anno a 4,5 Mha all’anno.
In tutto, nei 7 anni tra 2013 e 2019, sono svaniti 77 milioni di ettari di foreste tropicali a causa dell’agroconversione. Una superficie grande due volte la Germania. Di questi, quasi la metà, 31 Mha, sono legati ad attività illegali. Oltre al peso sulla biodiversità, questa deforestazione selvaggia ha un impatto anche sul clima. Solo il disboscamento illegale conteggiano nel rapporto ha causato 2,7 Gt di CO2. “Se le emissioni da agroconversione fossero un paese”, notano gli autori del rapporto, “sarebbero il terzo Stato dietro Cina e Stati Uniti”.
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Soia, olio di palma e prodotti dalla lavorazione del bestiame sono i driver principali. Ma il dossier sottolinea il ruolo di merci apparentemente meno importanti, come il cacao, la gomma, il caffè e il mais: “sono le principali cause di deforestazione illegale in alcune regioni, con effetti devastanti”.
Ancora un dato che parla da sé e mostra bene quanto queste merci siano intimamente legate ad attività illecite. Nel caso della soia, arriva da illeciti il 93% della conversione agricola in tutti i paesi di coltivazione di questo alimento considerati nello studio. Il cacao tocca la stessa percentuale. Seguono i prodotti del bestiame (carne bovina con l’81% e pelle con l’87%) .