È il peggiore ottobre dal 2015 con 877 km2 di foresta tagliati o degradati: una superficie grande come la città di Berlino, o 8 volte Napoli. Intanto, alla COP26 Bolsonaro ha promesso deforestazione zero entro il 2028
Il disboscamento dell’Amazzonia nel 2021 è a 7.880 km2
(Rinnovabili.it) – Mentre i delegati del Brasile alla COP26 di Glasgow si affannavano a promettere lotta dura contro la deforestazione, dall’altra parte dell’oceano Atlantico l’agenzia statale brasiliana Inpe spiegava che la realtà va da tutt’altra parte. Il disboscamento dell’Amazzonia è tornato ai suoi massimi: a ottobre fa registrare un nuovo record con un tondo +5% rispetto allo stesso mese del 2020.
L’anno scorso, il governo Bolsonaro aveva assicurato che avrebbe combattuto il logging illegale e per farlo aveva ben pensato di schierare l’esercito. Gli uomini in divisa, però, hanno dedicato più tempo a intimidire gli attivisti che a tenere d’occhio le motoseghe non autorizzate e il risultato è stato un boom senza precedenti di disboscamento dell’Amazzonia. Che il 2021 riesca a superare i numeri dell’anno scorso, quindi, la dice lunga sul vero atteggiamento del governo verso la tutela della più estesa foresta pluviale del pianeta.
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Nel mese di ottobre 2021, secondo l’Agenzia nazionale per la ricerca spaziale che monitora il disboscamento dell’Amazzonia via satellite, sono scomparsi 877 km2 di foresta. È una superficie grande come Berlino, 8 volte più estesa di Napoli. Sempre secondo i dati Inpe, quest’anno c’è davvero il rischio di superare anche i risultati del 2020. Al momento, infatti, la deforestazione totale da gennaio è arrivata a 7.880 km2 e sta tallonando da vicino gli 8.500 km2 dell’anno precedente.
La tendenza è diametralmente opposta a quella per cui si è impegnato il Brasile durante il vertice sul clima di Glasgow. Non solo il paese latinoamericano ha aderito all’accordo settoriale siglato in Scozia, promettendo di arrivare a deforestazione zero entro il 2030: Bolsonaro ha addirittura alzato l’asticella dicendo che ce l’avrebbe fatta due anni prima, nel 2028.
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La statistica Inpe misura tutte le aree maggiori di 3 ettari (0,03 km2) dove i satelliti vedono un cambiamento nella copertura forestale. Nel conto finiscono quindi sia le zone dove c’è un pieno disboscamento dell’Amazzonia, sia quelle dove la foresta è stata degradata. Basta anche un dato tasso di degrado, spesso causato da attività come l’estrazione illegale di minerali, dagli incendi o dal logging, per indebolire la capacità dell’ecosistema di funzionare come polmone del pianeta e supportare i suoi tipici livelli altissimi di biodiversità. La situazione, in generale, è già così compromessa che alcuni studi stimano che l’Amazzonia sia ormai diventata un emettitore netto: produce più CO2 di quella che riesce ad assorbire. (lm)