In 6 mesi +17% di disboscamento della foresta pluviale
(Rinnovabili.it) – L’Amazzonia continua a macinare record di deforestazione. Il ritmo di disboscamento della foresta pluviale più estesa del mondo sta superando anche i livelli toccati nel 2020. L’anno scorso, complice la pandemia e i minori controlli, il Brasile aveva registrato un picco di logging illegale. Gli ultimi dati ufficiali del governo brasiliano segnano +1,8% a giugno, rispetto allo stesso mese dell’anno scorso.
Lo comunica l’agenzia per la ricerca spaziale Inpe, che monitora lo stato della deforestazione dell’Amazzonia tramite le immagini satellitari. Secondo l’Inpe, una delle poche agenzie a non essere state commissariate dal governo Bolsonaro manu militari, il disboscamento a giugno ha superato i 1.000 km2. E dall’inizio dell’anno, il conteggio dell’agenzia tocca quota 3.610 km2, un’area estesa 20 volte la città di Milano. Rispetto all’anno della pandemia, nel primo semestre l’impennata è ben del 17%.
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Lo stesso governo ha dovuto prendere atto della situazione nelle ultime settimane, riconoscendo apertamente che gli strumenti messi in campo per contrastare il logging illegale non si stanno rivelando efficaci. Ma la ricetta di Bolsonaro non è cambiata. Anzi, ha rispolverato l’esercito, già dispiegato dal 2019 ufficialmente con il compito di arginare gli incendi. In realtà, i militari non solo sono stati inutili, ma secondo le ong locali hanno intimidito gli attivisti e dato una copertura alle aziende che alimentano il disboscamento.
D’altronde il governo ha continuato indefessamente a favorire il disboscamento della foresta pluviale anche in parlamento. A metà maggio è stata approvata una legge molto controversa. Il provvedimento cancella l’obbligo di ottenere autorizzazioni ambientali per 13 tipologie di progetti, inclusi quelli per l’espansione di piccole aziende agricole, la costruzione di nuove strade e di reti elettriche. Secondo molti attivisti anche il ritorno dei militari in Amazzonia prelude a un nuovo aumento del disboscamento. Bolsonaro, sostengono, ha indicato chiaramente in quali Stati sarà dispiegato l’esercito. Un modo per assicurare l’impunità nelle regioni lasciate scoperte, temono le ong ambientaliste.
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