Rio Tinto, il più grande estrattore di ferro al mondo, ha distrutto durante il mese di maggio due grotte sacre per le comunità native nella regione australiana del Pilbara.
La società mineraria Rio Tinto è considerata “leader dei diritti umani” secondo la classifica di CHRB
(Rinnovabili.it) – Un gruppo di comunità native australiane, impegnate nella lotta per il riconoscimento dei diritti umani dei popoli aborigeni, ha chiesto che Rio Tinto (multinazionale anglo-australiana che si occupa di ricerca, estrazione e lavorazione di risorse minerarie) venga privato del suo status di “leader dei diritti umani” assegnato da Corporate human rights benchmark (CHRB). La ragione di questa richiesta è la distruzione, ad opera della società mineraria, di un sito sacro aborigeno con 46.000 anni di storia.
CHRB, che mette insieme investitori e organizzazioni della società civile dediti alla creazione della prima valutazione pubblica e trasparente sulla performance dei diritti umani delle imprese, definisce la società Rio Tinto come l’azienda mineraria con il punteggio più alto a livello mondiale in materia di diritti umani, raggiungendo un risultato di 76 su 100 secondo i dati del 2019.
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Tuttavia, con l’approvazione del governo dello Stato federato dell’Australia Occidentale, il più grande estrattore di ferro al mondo ha distrutto durante il mese di maggio due grotte sacre per le comunità native, entrambe ubicate nella regione di Pilbara e, precisamente, nella gola di Juukan. Per questa ragione, molti gruppi di attivisti chiedono a CHRB che “la valutazione in materia di diritti umani dell’azienda rifletta la realtà“, ha affermato Wayne Bergmann, leader aborigeno di Kimberley, altra regione dell’Australia Occidentale.
Finora, la risposta di Rio Tinto all’esplosione delle due grotte è stata considerata tutt’altro che adeguata. La società mineraria, infatti, si è limitata a scusarsi per il disagio causato alle comunità di Puutu Kunti Kurrama e Pinikura, lanciando un’indagine sulle circostanze che hanno condotto alla distruzione dei siti sacri. Secondo i risultati di questo esame, l’incidente sarebbe stato dovuto ad un “malinteso” sull’importanza dei siti, nonostante le comunità native avessero portato all’attenzione di Rio Tinto il significazione archeologico e culturale delle grotte.
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