Il 59% degli attivisti uccisi si batteva per i diritti ambientali
(Rinnovabili.it) – Nel 2021 la strage degli attivisti per i diritti umani è proseguita con 358 morti in 35 paesi, la gran parte dei quali è stata uccisa perché difendeva i diritti delle popolazioni indigene e i diritti ambientali. Nella classifica globale, ai primi posti si confermano ancora una volta i paesi dell’America Latina e Centrale, insieme a quelli dell’Asia-Pacifico. E ancora una volta è la Colombia il paese dove scorre di più il sangue: sono ben 138 gli attivisti ammazzati l’anno scorso.
Lo afferma un rapporto di Front Line Defenders, che analizza i dati sulle uccisioni di attivisti per i diritti umani in tutto il mondo. Gli attivisti per i diritti ambientali sono di gran lunga la categoria più bersagliata in tutto il pianeta: il 59% del totale, cioè 211 morti. Ma i difensori dell’integrità degli ecosistemi, chi si oppone ai megaprogetti, chi fa campagne per la tutela dei diritti delle popolazioni indigene, è anche più nel mirino in termini di attacchi, intimidazioni e altri tipi di pressioni da parte delle autorità.
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Con il 14,5% dei casi totali, questa categoria di persone è quella che finisce più di frequente nel mirino, prima di chi si batte per la libertà di espressione (9,4%), per i diritti umani (9,3%), per i diritti delle donne (8,3%) e per i diritti delle persone LGBTQI+ (7,6%). Le categorie più vulnerabili, donne e popolazioni indigene, sono anche quelle che vengono colpite in modo più sproporzionato. Le donne e le persone transgender sono il 18% degli attivisti uccisi nel 2021, in crescita rispetto al 13% del 2020. Ancora più evidente nel caso dei popoli indigeni: sono il 6% della popolazione mondiale ma totalizzano quasi 1/3 degli omicidi di attivisti.
Gli attivisti per i diritti “sono costantemente sotto minaccia, ma denunciare queste minacce si rivela inutile”, lamenta Ivi Oliveira di Front Line Defenders. “Nella maggior parte dei casi, lo Stato stesso è il colpevole, nonostante gli obblighi coperti da vari processi delle Nazioni Unite e persino, in alcuni casi, da leggi o procedure nazionali. E in altri paesi dove lo Stato ha perso il controllo del territorio o degli spazi, i vuoti sono spesso riempiti da gruppi criminali e armati, ponendo minacce significative per i diritti umani”.
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