La direttiva UE sui Green Claims sarà approvata dopo le elezioni UE di giugno
(Rinnovabili.it) – Le aziende europee non potranno presentare come sostenibili i loro prodotti se si affidano solo o principalmente alle compensazioni di carbonio, che non riducono le emissioni di gas serra alla fonte. Potranno citare i carbon offset solo dopo aver adottato ogni misura possibile per ridurre la loro impronta di CO2, facendoli quindi valere solo per le emissioni residuali. È la modifica principale proposta dalla commissione Mercato Interno e Ambiente del Parlamento europeo alla Direttiva UE sui Green Claims.
Il provvedimento presentato da Bruxelles lo scorso marzo è complementare alla direttiva contro il greenwashing dei prodotti e indicherà con precisione come le imprese possono presentare in etichetta i loro risultati ambientali e climatici. L’obiettivo è impedire che i consumatori siano fuorviati da affermazioni poco solide dal punto di vista scientifico e possano scegliere cosa comprare confrontando in modo semplice i prodotti.
Come cambia la direttiva UE sui Green Claims
Nello specifico, gli eurodeputati propongono di permettere il riferimento alle compensazioni di carbonio solo se questi crediti sono certificati, in linea con il Carbon Removals Certification Framework su cui stanno lavorando i co-legislatori UE dal 2022. C’è poi un giro di vite sulle comparazioni, anche quando sono fatte tra merci dello stesso produttore: le aziende dovranno dimostrare di aver utilizzato gli stessi metodi per confrontare aspetti rilevanti dei prodotti. La nuova versione della direttiva UE sui Green Claims, inoltre, stabilisce che le aziende non potranno usare dati risalenti a più di 5 anni addietro.
La commissione del PE introduce anche qualche elemento di flessibilità in più. Per i prodotti meno complessi, la Commissione dovrebbe prevedere una procedura di verifica più veloce e semplice. Mentre le microimprese dovrebbero essere esentate e le PMI dovrebbero avere 1 anno di tempo in più prima di doversi adeguare alle norme rispetto alle grandi aziende.
Restano i paletti principali della direttiva originaria: è necessaria l’approvazione europea preventiva per qualsiasi “green claim” in etichetta, che arriverà da una serie di verificatori accreditati. Chi sgarra può perdere l’accesso ad appalti pubblici e vedersi comminare multe fino al 4% del proprio fatturato.