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Consiglio Ambiente, l’Italia boccia la Direttiva emissioni industriali per difendere gli allevamenti

Direttiva emissioni industriali: il no dell’Italia per i limiti sugli allevamenti
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La nuova Direttiva emissioni industriali si applicherebbe a meno del 10% degli allevamenti bovini, 18% di quelli suini e 15% di quelli di pollame

(Rinnovabili.it) – Ancora un ‘no’ secco da parte dell’Italia alla proposta – edulcorata – di revisione della Direttiva emissioni industriali (IED). Troppo alti gli impatti sugli allevamenti per un provvedimento che da questa parte delle Alpi le associazioni di categoria hanno definito enfaticamente “ammazza stalle”. Ieri, in Consiglio Ambiente a Bruxelles, il ministro Gilberto Pichetto ha ribadito la contrarietà del governo alla nuova proposta svedese, che ammorbidiva il testo rispetto alla proposta iniziale della Commissione.

Roma contro i nuovi limiti per gli allevamenti nella Direttiva emissioni industriali

Una proposta dove trova spazio un giro di vite sulle emissioni degli allevamenti, ovvero soprattutto quelle di metano originate dalla fermentazione enterica e l’ammoniaca. La direttiva in vigore, la 2010/75/UE, riguarda già alcuni allevamenti suinicoli e avicoli. Ma solo quelli di dimensioni maggiori. Appena il 5% di quelli esistenti in Europa.

Con la modifica, l’esecutivo Ue proponeva di cambiare la taglia degli allevamenti sopra la quale scatta l’applicazione della Direttiva emissioni industriali, abbassandola a 150 capi. In questo modo, calcolava la Commissione, le riduzioni di metano e ammoniaca avrebbero comportato vantaggi per 5,5 miliardi di euro e avrebbero coinvolto il 10% degli allevamenti bovini, il 18% di quelli suini e il 15% di quelli di pollame. La contro-proposta svedese approvata ieri dal Consiglio Ambiente, con il no dell’Italia, aveva invece alzato molto queste soglie a 350 capi per bovini e suini, 280 per il pollame, e 350 per gli allevamenti misti.

Secondo Pichetto non è ancora abbastanza. La proposta avrebbe ancora “problemi di fattibilità” e in particolare la parte della Direttiva emissioni industriali sugli allevamenti avrebbe un livello di ambizione “eccessivo” perché “il campo di applicazione aumenterebbe di oltre cinque volte” per il settore degli allevamenti rispetto alla IED oggi in vigore.

Altro tema critico, sottolinea il ministro in una nota, è la disciplina del ricorso alle deroghe. I suoi criteri “non consentono analisi costi-benefici integrate e non considerano la necessità di coordinare i tempi degli investimenti con i programmi di ambientalizzazione in atto”. Obiezioni anche ai passaggi relativi alla salute umana, che sarebbero “confusi” con il rischio di “determinare un’incongrua prevalenza degli aspetti sanitari rispetto a quelli ambientali e una sovrapposizione di altre normative”.

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